MISENO
LA LIBURNA DEL 2000
Un ardito progetto da realizzare
di Alfonso Melisi
Sommario:
Prefazione: Perché
costruire una Liburna
Capitolo 1: Generalità
Capitolo 2: Collegamenti storici con Miseno - Comando
in capo della flotta imperiale romana
Capitolo 3: Le motivazioni di una ricostruzione e del
nome
Capitolo 4: Considerazioni morfologie ed architettoniche
Capitolo 5: Caratteristiche generali ed elementi di robustezza
strutturale
Bibliografia Nave Romana
Bibliografia Collegamenti storici Miseno
Nella terra, dove storia, miti e leggenda si fondono e si amalgamano fino a divenire un unicum; solo in una terra con queste caratteristiche, poteva nascere l'idea di un ritorno al passato, ricostruendo una nave dell'epoca che segnò la nascita definitiva del più potente stato del vecchio continente. Stato dove prosperò il lavoro, la cultura e nacque quella civiltà che ancora oggi influenza i popoli d'Europa. "Roma Caput mundi".
Un viaggio a ritroso nel tempo che colpendo la fantasia delle giovani
generazioni, contribuirà a sviluppare e nutrire il desiderio del
ritorno al mare.
Ritorno imperioso e necessario di un popolo, quello flegreo, che per secoli
è stato costretto alle migrazioni, sempre per fortuna provvisorie,
spinto dai capricci di una terra ballerina.
D'aspetto lunare, il cratere cumano, culla prima della civiltà greca,
poi di quella romana, ha da sempre ispirato paure e religiosi rispetti.
Porta dell'Ade, di quel mondo degli inferi che ha regolato ed influenzato
le scelte di imperatori e potenti.
In questo humus è nata ed è maturata l'idea, ad
un gruppo di animosi, sul finire degli anni settanta di costruire una "nave
greca", che nelle intenzioni avrebbe dovuto riportare giovani atleti
verso quella terra greca da sempre patria di atleti.
Ma la barca aveva solo le sembianze della nave greca. La mancanza di adeguati
studi, di rigidi calcoli tecnici, fecero della costruzione il desiderio
inespresso di una grande avventura.
Il fuoco distrusse per sempre il sogno.
Sogno che si appresta a diventare realtà. Riprendendo l'idea, docenti della Facoltà di Ingegneria dell'Università Federico II di Napoli (Salvatore Miranda, Ernesto Fasano, Claudio Pensa e Tommaso Coppola), il Capitano di Vascello Alfonso Melisi Direttore dell'Ufficio Tecnico di Napoli della Marina Militare Italiana, la Sezione di Bacoli dell'Associazione Marinai d'Italia (per la parte storica l'Avv. Gianni Race), la Sezione di Pozzuoli della Lega Navale Italiana (Adolfo Costa - giornalista) e non ultime le Associazioni culturali Mesogeios ed il Laboratorio Cumano hanno deciso di dar vita alla ricostruzione di una Liburna, veloce nave da battaglia, fiore all'occhiello della marina da guerra dell'Impero Romano.
La liburna, battezzata con il nome di "MISENO", avrà
il compito di ripercorrere le rotte che la videro vincitrice in battaglia;
portando oggi messaggi di pace e fratellanza, a popoli che sulle sponde
del Mediterraneo, trassero e traggono sviluppo e sostentamento.
Il rigore scientifico della costruzione farà di questa impresa una
realizzazione ad alto contenuto culturale, ne è testimonianza lo
studio di valutazione della possibilità di realizzazione ed i calcoli
di robustezza e strutturali della liburna, che l'équipe di
progettisti e studiosi dell'ateneo di Napoli sta effettuando.
Le ricerche bibliografiche effettuate presso l'Università, Biblioteche
di Stato, l'Ufficio storico e Biblioteche della Marina Militare Italiana
doteranno il progetto della massima valenza culturale e del più
ampio rigore scientifico, applicato ai coefficienti di sicurezza della
navigazione previsti dalle normative vigenti.
La capacità di attrattiva turistica riporterà la terra
flegrea all'attenzione degli operatori contribuendo allo sviluppo e a quella
ricerca di nuove occasioni di lavoro che da ogni parte s'invoca.
Occasione dunque di rilancio dei beni culturali, di un patrimonio unico
al mondo che ha nel golfo di Pozzuoli, di Baia di Bacoli e di Miseno un
eccezionale immenso museo archeologico sommerso, capace di garantire nuovo
sviluppo economico sociale e culturale dei Campi Flegrei.
La costruzione della Liburna riproporrà e farà rifiorire
nel golfo di Napoli quelle capacità di lavoro, riportando alla luce
mestieri in estinzione: carpentieri, calafati, cordai e maestri d'ascia
che tanto famosa resero l'arte marinaresca dell'intero golfo napoletano.
Maestranze che come in passato sono oggi impegnate in una impresa eccezionale,
ricostruire, anche sulla scorta dei disegni effettuati a suo tempo dai
tecnici della Corderia Marina Militare di Castellammare di Stabia,
la nave romana di Nemi, distrutta con la gemella durante l'ultima guerra.
Ancora una volta gli eredi di quei maestri d'ascia che diedero forma e
vita alle navi di Roma, daranno prova delle loro indiscusse capacità,
trasmettendo ai giovani arti e mestieri che stanno scomparendo, da Pozzuoli
a Torre del Greco, da Sorrento a Castellammare, ancora oggi famose per
le costruzioni navali in legno e ferro.
Nel golfo di Pozzuoli si sono invece sviluppate le tecnologie avanzate
con i cantieri che lavorano i moderni prodotti per imbarchi sempre più
sofisticate.
La costruzione della liburna dovrà essere opportunamente pubblicizzata
soprattutto nel mondo della scuola. Dovrà costituire meta e fonte
di studio per le scolaresche, unendo alla naturale curiosità tutte
le informazioni e le nozioni storico culturali scientifiche e le occasioni
di lavoro che il mare è in grado di offrire.
La fine della civiltà industriale ha già pesantemente penalizzato
generazioni di giovani, contribuendo a quel 20% di disoccupazione di cui
sono afflitte le popolazioni del sud.
Entrata in servizio (si auspica sotto l'insegna della Marina Militare)
la MISENO compirà il suo primo viaggio circumnavigando lo stivale
fino a Ravenna, antica sede della flotta romana per l'Oriente, già
gemellata con la sezione di Bacoli dell'Associazione Marinai d'Italia.
Altro importante impegno vedrà la Liburna traversare il mar Ionio
per raggiungere l'Eubea, rinnovando il rapporto d'amicizia con Kymi, gemellata
con Bacoli, da dove i fondatori dell'antica Partenope giunsero per primi
sulle spiagge di Cuma.
Un'impresa dunque in grado di riportare all'attenzione dell'Europa e del
mondo la storia, la cultura, le tradizioni di una terra che per troppo
tempo è stata sacrificata ed umiliata dalla speculazione e dall'incuria.
Il documento che segue, basato sullo studio di fattibilità della
costruzione della Liburna, si prefigge lo scopo di illustrare gli aspetti
salienti del progetto, sotto il profilo storico e tecnico, in vista dei
contributi che verranno forniti a titolo di sponsorizzazione per
il finanziamento dell’impresa.
Il punto di contatto a cui rivolgersi a tal fine è:
Capitano di Vascello Alfonso Melisi
Direttore Ufficio Tecnico M.M. di Napoli ("Navalgenarmi Napoli")
- Ufficio: Via F. Acton 1 - 80133 Napoli - Tel./Fax (**39) 081 2510443
- Abitazione: Tel. (**39) 081 7691601
NAVE ROMANA
UNA LIBURNA DI NOME MISENO
La Liburna era una sorta di caccia, una unità leggera, veloce,
molto manovriera, ideale per l'inseguimento e le rapide comunicazioni.
Per i Romani tale unità rappresentava "la spina dorsale"
della propria flotta, soprattutto per le flotte delle provincie che erano
costituite quasi esclusivamente di tali unità.
All'inizio molto probabilmente era ad un solo ordine di remi, ma i Romani
ne crearono una versione più pesante azionata da due file di rematori.
La Liburna divenne così popolare nella marina di Roma che il termine
alla fine (secondo alcuni studiosi quali Lionel Casson) giunse ad indicare
la nave da guerra in generale.
Purtroppo non vi è alcuna prova diretta relativa a navi di tale
tipo o similari come le triere, cioè non sono state riportate in
superficie dal fondo del mare resti identificabili di tale tipo. Le prove
allora sono indirette legate a implicazioni o deduzioni sui rilievi del
tipo: archeologici, epigrafici (derivanti da iscrizioni), letterari (derivanti
da fonti scritte), iconografici (basati su rappresentazioni scultoree o
pittoriche) o sui voluminosi elaborati e risultanze (riportati anche in
bibliografia) di numerosissimi e brillanti studiosi che da sempre si sono
interessati alla questione.
In sostanza per quanti geniali ipotesi possono essere fatte, per quante
prove possono essere portate e sostegno di tali ipotesi si tratterrà
sempre e solo di ipotesi che arricchirebbero solo di ulteriori elaborati
cartacei la storia di tale materia.
Finché non si troverà, e ormai mi sembra molto difficile,
un testo, un relitto, un manuale di costruzione dell'epoca continueremo
a restare nel campo delle supposizioni, fatte su basi scientifiche o su
ragionamenti cervellotici, come spesso è accaduto, e non potremo
mai toglierci la curiosità di sapere con certezza come questi nostri
antenati costruivano e facevano navigare le loro navi.
Per quanto detto, potrà essere sicuramente interessante, per
ulteriori approfondimenti ed una comprensione più vasta dell'argomento
senza perdere la valenza storica dell'impresa, prefissarsi lo scopo di
costruire una Liburna che corrisponda il più fedelmente possibile
ai requisiti storici ed assumere come dati di progetto quei parametri sui
quali più facilmente si può convenire; gli ulteriori parametri
che normalmente vengono definiti a priori per il progetto (la velocità,
equipaggio e componenti della milizia, armamento, remeggio ecc.) saranno
definiti nel corso d'opera o durante l'impiego stesso dell'Unità.
Per la costruzione si procederà in modo che i tratti di nave o dettagli
costruttivi storici che per eventuali motivi di sicurezza/robustezza dovessero
essere scartati nella costruzione dell'Unità saranno riprodotti
in scala reale, ciò per essere coerente con l'interesse storico
che si vuoi imprimere al progetto in questione.
Tali parti potrebbero fare bella mostra in un apposito museo nel quale
la Liburna ne sarebbe la parte principale di interesse.
2. - Collegamenti storici con Miseno - Comando in capo della flotta imperiale romana
Sin dall'antichità fu il mare (talatta, per i Greci) il
centro della vita e della civiltà umana. E le navi i veicoli, che
con la navigazione di cabotaggio, cioè costa costa e vicine alla
terra, attraversarono il Mediterraneo (Mesogeios per i Greci), trasferendo
i primi nuclei familiari con le masserizie essenziali per insediarsi altrove
e fondare le prime fattorie (colonie), dove avrebbero portato la civiltà,
i costumi e le speranze del loro avvenire. I primi a solcare in lungo e
largo il Mediterraneo furono i Fenici, che occupavano la sottile fascia
costiera orientale, dove oggi si trovano Libano, Israele e Siria. Ma furono
i Micenei e i Greci, come si è visto a Vivara e anche ad Ischia,
i primi veri navigatori mediterranei d'altura a raggiungere l'Italia, che
gli Ioni conoscevano dalla parte dell'Adriatico, tutto Ionio, attraversato
con navigazione di cabotaggio. La prima colonia testimoniata da Strabone,
Petercolo, Plinio ed altri fu Cuma, colonia dei Cumani d’Eubea e dei Calcidesi.
Cuma fu la prima polis (città stato) dell'Occidente. Fondò
Partenope e Neapolis, costituì la prima flotta da guerra, accogliendo
anche le navi dei Focesi reduci dalla Corsica dopo lo scontro navale ad
Alalia (o Alena).
La storia di Cuma è conosciuta e rappresenta il primo glorioso capitolo
della storia dell'Europa occidentale. Il golfo oggi di Napoli era chiamato
Cratere Cumano. Le sue forze armate erano poche ma agguerrite, tecnicamente
validissime. Una specie d'Israele moderna per i blitz militari,
come ad Ariccia con Aristodemo, ma più forte (relativamente ai tempi)
per le contese navali, come quella sostenuta insieme alla flotta siracusana
nel 474 a.C., contro Fenici, Etruschi, i quali ultimi furono sconfitti
irrimediabilmente. I porti militari di Cuma erano quelli di Miseno (Dionisio
d'Alicarnasso), dove si ancorarono le triremi siracusane (triere).
Miseno fu anche il porto da cui mosse la flotta di Cesare Ottaviano
e Agrippa, contro le flotte unite di Marco Antonio e Cleopatra nel 31 a.C.,
essendo già stato abbandonato il Porto Giulio per il bradisismo
avanzante. Com'è noto, quella battaglia navale fu la più
importante nella storia di Roma, in quanto spalancò le porte dell'impero
a Cesare Ottaviano Augusto, primo imperatore. E furono proprio le liburne
a decidere le sorti della battaglia per il superiore coefficiente tecnico
e tattico, dovuto alla velocità e agilità di manovra nei
confronti delle navi della coppia famosa. Qualche anno dopo la battaglia
di Azio, Cesare Augusto mutò tutta l'organizzazione militare di
Roma imperiale, rafforzando la marina militare, accentuandone l'autonomia
rispetto all'esercito, assegnando le legioni Prima e Secunda
Adiutrix, una a Miseno (Militum schola) e l'altra a Classe,
anche se si trovano milites, appartenenti all'una o all'altra indifferentemente
presso le due flotte maggiori. Questi milites che storicamente possono
rapportarsi ai fanti di Mare del San Marco, erano le truppe degli arrembaggi
contro le navi nemiche, manovravano i rostri ed erano coinvolte nei giochi
del potere e della politica.
I marines erano imbarcati per lo più sulle liburne e le triremi.
Il 24 agosto 79 d.C., quando si manifestò la tragedia dell'eruzione del Vesuvio, Plinio il Vecchio, uomo di grande cultura, prefetto della flotta di Miseno, dove si trovava "iubet liburnicam apteri", cioè "ordina di preparare una liburna" (Plinio il Giovane, Lettere ai familiari - VI,16,7) per seguire da vicino l'immane fenomeno, e giacche lo raggiunge anche il messaggio di un'amica che invocava soccorso (Rectina Tasci o Casci), "deducit quadriremes" (fa scendere le quadriremi in mare).
Le liburne erano numerose nella flotta romana (Orazio, Epistole
I,1 e Odi I,37,30). Di undici (Aquila, Agathopus, Aesculapius,
Iustitia, Virtus, Taurus Rubrus (Toro Rosso), Nereis, Clementia,
Armata, Minerva) abbiamo già pubblicati i nomi; di un’altra
(Iuno) abbiamo avuto notizia dalla "Année épigraphique"
(1979, p.48 n. 167), sempre della flotta di Miseno nella quale c'era anche
una triremi con lo stesso nome.
Nella flotta di Ravenna, ne conosciamo quattro (Ammon, Diana, Pinnata
e Sphinx). La liburna determinante ad Azio, è il simbolo della
marina militare di Roma imperiale, come lo era stata la triremi (triere)
per la marina militare dell'Ellade, vittoriosa a Salamina, ad Imera e a
Cuma.
Si ricordi che, insieme alle triremi delle flotte maggiori (Miseno e
Ravenna), le liburne costituirono lo scudo di Roma nel Mediterraneo, dove
per 350 anni fu mantenuta la pace. Difatti nel 324 d.C., la flotta di Licinio,
forte di trecento triremi, affrontò quella di Costantino, che aveva
ducento navi di cui il nucleo maggiore era costituito proprio dalle agili
liburne, le quali decisero ancora lo scontro, con una vittoria epocale,
salutata dai vessilli crociati di Costantino.
Liburne erano le tabellarie, che aprivano la rotta delle navi granarie,
che arrivavano a Pozzuoli in tripudio (Seneca, Lettere a Lucilio).
Aveva scritto Augusto, nel suo testamento storico/spirituale (Res Gestae divi Augusti): "Pacificai il mare, liberandolo dai pirati" (XXV, 1) e "Ampliai il territorio di tutte le province del popolo romano con le quali confinavano popolazioni riottose al nostro ordine. Ristabilii la pace nelle province galliche e ispaniche e ugualmente in Germania nell'area che costeggia l'oceano da Cadice al Fiume Elba. Pacificai le Alpi dalla regione prossima al mare Adriatico fino al Tirreno, a nessuna nazione avendo portato guerra ingiustamente. La mia flotta navigò per l'Oceano dalla foce del Reno verso oriente fino al territorio dei Cimbri, dove ne per terra, ne per mare alcun romano, prima di allora, si era mai spinto e altri popoli Germani della stessa regione chiesero per mezzo di ambasciatori l'amicizia mia e del popolo romano" (XXVI, 1-4). Quella flotta che arrivò in Scandinavia per prima, fu quella di Miseno cui era affidato l'Occidente. Quella ravennate, cui era affidato l'Oriente, penetrata nel Mar Nero, giunse sino al Chersoneso.
3. - Le motivazioni di una ricostruzione e del nome
La marina militare della Grecia moderna ha voluto onorarne la memoria
storica, orgoglio della nazione, con la ricostruzione di un suo modello
navigante, iscritto anche nel Registro Navale. La triremi Olympia è
famosa, per tutti i significati attribuibili alla sua apparizione sui mari
di tutto il mondo. Anche altrove, specie negli Stati Uniti, in Gran Bretagna
e nei paesi Scandinavi, il ritorno alle tradizioni marittime con la costante
usanza delle ricostruzioni di navi antiche, non come occasioni nostalgiche,
ma di fierezza per le origini marinare, sangue e radice dei loro popoli,
è anche una festa nazionale.
Così, per il vascello Kalmar Nyckel a Wilmington nel Deleware,
riproduzione del 1638, varato il 28 Settembre 1997 alla presenza di ventimila
persone, tra bandiere americane, olandesi, finniche e svedesi. Così
la decisione di riprodurre il vascello shooner Amistad, di cui vi
è una stampa d'epoca nel Museo Mystic del Connecticut. I
musei navali degli Stati Uniti e di tutto il mondo pullulano di modelli
e riproduzioni esatte di nave e barche dell'antichità, ma anche
del Medio Evo e dei tempi più vicini. Riproduzioni di navi antiche
per i film storici, si sono avute negli U.S.A., ma anche in Italia, specie
nel golfo di Napoli (Torre del Greco, Portici, Baia, ecc.).
La Marina militare dell'Italia democratica che fa sovrastare lo scudo
del suo stemma dedicato alle quattro repubbliche marinare da una corona
con un rostro romano per lato, non ha mai rinnegato la gloriosa storia
della Marina di Roma, che va dai rostri del Foro (Ad rostra) alle
vittorie di Duilio e di Giulio Cesare, il primo condottiero che riuscì
a sbarcare in Britannia (seguito poi solo dagli imperatori Claudio e Adriano),
da Attilio Regolo a Pompeo Magno, da Ottaviano Augusto a Plinio il Vecchio,
è stata assunta come storia propria dall'Italia - e dalla sua Marina
Militare - che è anche la patria di navigatori come Colombo, Vespucci,
Da Verrazzano, ecc., moderni eroi come Nazario Sauro, Luigi Rizzo, Durand
De La Penne, Mimbelli, Campioni e Mascherpa.
Tante navi da guerra si sono fregiate del nome di Duilio, Giulio Cesare,
Attilio Regolo, ecc.. Con queste premesse, parte la proposta di ricostruire
la Liburna, nata dal qualificato contributo di alcuni docenti dell'Università
di Napoli Federico II (Facoltà di Ingegneria Navale), dal
Direttore dell'Ufficio Tecnico della Marina Militare (Navalgenarmi
Napoli) e dall'entusiastica esperienza di associazioni volontaristiche
marinare (Gruppo ANMI di Bacoli Miseno) e culturali (Mesogeios
e Laboratorio Cumano). La Mesogeios di Bacoli aveva già
costruito un'artigianale nave greca (a remi e a vela) purtroppo distrutta
da un incendio, la quale doveva ripercorrere a ritroso, con navigazione
di cabotaggio, la rotta costiera della Magna Grecia e puntare su Calcide
e Kymi d'Eubea, da dove vennero i primi coloni greci a Cuma, fondatrice
di Napoli. Sarà questa la meta obbligata della nuova liburna come
pure dovrà essere il porto romano di Ravenna (Classe), il cui Gruppo
ANMI è gemellato con quello di Bacoli Miseno, ricollegando idealmente
le due flotte di Roma imperiale alla storia di circa quattro secoli, vissuti
da rapporti ed episodi comuni. Il sogno è anche quello di ripercorrere
il viaggio di San Paolo con la nave dedicata ai Dioscuri, da Malta fino
a Pozzuoli. Non vi sono semplici ragioni di ordine tecnico dietro la scelta
della liburna. Tanti sono gli esempi nella nostra cantieristica di autentici
gioielli nel settore delle costruzioni navali ispirate al passato. Le navi
scuola Vespucci e Palinuro ne sono il più fulgido esempio. Motivi
di ordine storico e scientifico e tecnico - sociale hanno spinto i promotori
del progetto ad associare sinergie ed esperienze professionali confortati
dal consenso e dall'entusiasmo di associazioni, volontaristiche, impegnate
nel sociale con obiettivi pratici di lavoro e aspirazioni lodevoli di salvare
mestieri come quello dei maestri d'ascia che sono stati il cuore stesso
della cantieristica navale del Golfo di Napoli, a cominciare dai gozzi,
cianciole, bilancelle, velieri a più alberi, orgoglio
dei maestri artigiani, operai, manovali, cordai di Castellammare di Stabia,
Sorrento, Torre del Greco, Procida, Pozzuoli, Baia, ecc..
Il messaggio che viene dalla riproduzione della liburna è anche
di stimolo a ritrovare nel lavoro sul mare la chiave di volta per la disoccupazione
specie giovanile con costruzioni navali tecnicamente sempre più
evolute, che accrescano i traffici e gli scambi tra i popoli.
Ci richiamiamo all'Impero Romano e alla sua flotta e alla liburna che la
simboleggia, perché Roma proprio sul mare riuscì a far trionfare
meglio la sua politica di pace. Le flotte maggiori di Roma, equipaggi,
comandanti e stati maggiori erano in larga parte provenienti da tutti i
paesi dell'Impero.
Alla vigilia dell'Europa unita che noi aspiriamo e immaginiamo sempre
più civile e umana e sempre più ampia da legarsi all'America
e al resto del mondo, sulla soglia del millennio che si annuncia con il
Giubileo, ecumene universale, Roma si ispira alla tappa fondamentale del
cammino umano: un'epoca perenne di pace, che fu il sogno di letterati del
mondo classico.
Le nazioni più ricche e dotate debbono aiutare le popolazioni del
mondo più povero se non vogliono essere travolte, anche perché
l'umanità deve ritrovare la ragione di sé stessa e del suo
essere simile a Dio. I giovani del mondo non trovano lavoro, ma il loro
lavoro deve essere pacifico non più di guerra. Ancora una volta
ci soccorre la storia. I Romani scelsero come simbolo della loro marina
militare la liburna, come nave principale delle loro flotte anche in provincia,
che serviva nelle naumachie e per battere i primati, ma anche per
portare aiuto alle persone e alle città sinistrate, essendo più
veloce delle altre navi.
Miseno è stata immortalata da Virgilio nel VI libro dell'Eneide
con un emblematico mito del marinaio trombettiere che sfida il Tritone
e la morte nel mare del sito, detto poi Miseno in eterno mentre era a servizio
di Enea, da cui i Romani si ritennero discendenti.
Porto emblematico dove si glorificarono gesta di guerra e sacrifici di
pace; di lì partì Plinio il Vecchio per portare soccorso
ai pompeiani e con essi perì.
Già la marina Borbonica poi quella italiana hanno adottato per altre
Unità il nome del nocchiero di Enea.
4. - Considerazioni morfologie ed architettoniche.
Lo stato della conoscenza delle costruzioni navali romane si basa sulla
numerosa ma certamente incompleta iconografia che è sopravvissuta
al tempo e sui reperti archeologici ritrovati. Più in particolare,
della liburna si hanno solo alcune rappresentazioni, per lo più
bassorilievi e monete, in quanto nessuna parte di nave di dimensioni indicative
è stata ritrovata o individuata come tale.
Per tale motivo il livello di attendibilità delle ipotesi fino ad
oggi formulate sulla forma e le caratteristiche tecniche di questo tipo
di unità militare e tanto più aleatorio quanto più
ci si allontana dalla semplice, anche se pur importante, suggestione pittorica.
Tralasciando le valutazioni relative alle caratteristiche strutturali costruttive
della nave sulle quali si è indagato in altra sede, osserviamo che
negli anni si è molto discusso sul problema del remeggio delle navi
militari dell'antichità classica. Per questo motivo sull'argomento,
anche se non si è giunti a certezze assolute, si è raggiunto
un elevato livello almeno nella conoscenza del problema.
Argomento assai meno studiato è la valutazione delle forme di
carena. Probabilmente la questione non è mai stata affrontata per
due motivi: da una parte, per gli studiosi di formazione umanistica, l'argomento
risulta tanto specialistico da essere sostanzialmente non riconosciuto
neanche come problema, dall'altra parte per chi ha una formazione tale
da cogliere la centralità della questione, i nodi da sciogliere
sono risultati di una singolare complessità.
Per chiarire il tenore delle difficoltà di cui si è detto,
si sappia che, tolte le dimensioni generali dell'unità delle quali
si sta trattando (ricordiamo che ci si sta riferendo al naviglio militare)
si riscontra una assoluta mancanza di dati utili. La cosa probabilmente
si spiega osservando che gli intenti scenografici di coloro i quali nel
passato hanno scolpito o dipinto navi, erano evidentemente meglio realizzati
da rappresentazioni della parte emersa di queste e comunque da viste sostanzialmente
longitudinali. D'altra parte le pochissime parti di navi militari rinvenute
hanno subito nel tempo una completa corruzione delle forme dello scafo,
conservando per lo più quelle testimonianze di "microgeometria"
che ci consentono oggi di immaginare con attendibilità le soluzioni
tecnologiche e costruttive dei particolari della nave (incastri, giunzioni,
chiodagione ed attrezzi come ancore).
A questo punto può forse essere utile fare presente a chi è lontano dalle cose dell'ingegneria navale, perché ed in che misura sono importanti le questioni inerenti alla forma della carena di una nave. Prescindendo dalle dimensioni complessive, quelle che potremmo definire di ingombro, le caratteristiche morfologiche della parte immersa dello scafo incidono in modo decisivo sulla stabilità, sulla resistenza che la nave subisce muovendosi e sulla capacità di evoluire secondo le esigenze della sicura e corretta navigazione. In poche parole la forma dell'opera viva di una nave rende questa un vettore differenziandola da un semplice galleggiante.
Non può sfuggire quanto considerazioni di questo tipo riguardino
la storia dell'Ingegneria Navale, disciplina comunque di grande interesse,
ma abbiamo grandi ricadute sulla valutazione della attendibilità
delle cronache pervenuteci riguardanti la diffusione dei traffici marittimi,
le potenzialità militari, le dinamiche sociali (migrazioni e colonizzazioni),
le scoperte geografiche ecc..
In questo senso la ricostruzione di una unità tanto importante nella
storia marittima quanto la Liburna, obbligando i ricercatori ad un opera
ad un tempo filologicamente corretta ed ingegneristicamente probante, rappresenta
un indispensabile (e per il momento singolare) strumento di indagine del
quale ricercatori e studiosi di diverse discipline potranno fruire.
Per quanto concerne le valutazioni architettoniche fin qui fatte, esse sono partite dalle dimensioni principali desunte dalla iconografia disponibile. In particolare, per una Liburna da 50-52 rematori, la lunghezza, la larghezza e l'immersione dovevano essere di circa 24, 4.3 e 0.75 metri. Nella misura della larghezza vanno comprese le posticce larghe, ognuna, 0.60 m..
Passando al successivo e, come si è detto, fondamentale livello
di definizione morfologica, si è inteso:
- assicurare alla nave qualità di evoluzione (si pensi alle documentazioni
sulle tattiche navali) ed una ragionevole capacità di reagire allo
scarroccio dovuto al vento. Si è quindi imposto un angolo di rialzamento
del fondo (o stellatura) non particolarmente pronunciato ma comunque
maggiore di quello tipico della maggior parte delle riproduzioni fino ad
oggi realizzate;
- individuare una distribuzione dei volumi immersi attendibile dal punto
di vista del livello di prestazioni dinamiche presumibilmente già
all'epoca ottenibili;
- ottenere una spinta idrostatica pari al valore della prima stima del
peso complessivo della nave. Si ricordi che le grandezze principali - compresa
l'immersione - sono state in questa fase imposte a priori (in quanto ritenuti
dati storicamente attendibili) quindi si può intendere il confronto
fra volume immerso ottenuto ed il peso ipotizzato una prima verifica delle
ipotesi formulate;
- assicurare, nel suo aspetto complessivo, la massima somiglianza con le
immagini originali disponibili.
Elaborando le indicazioni precedenti si è ottenuto, utilizzando
un CAD navale, una soluzione sufficiente dettagliata da consentire una
prima valutazione della mutua coerenza delle ipotesi fin qui formulate.
Più in particolare si sono potuti verificare i valori assunti dai
coefficienti geometrici della carena, la ragionevole disposizione dei baricentri
di volumi e di aree significative, l'entità delle superfici dello
scafo per una verifica dei pesi ed in fine una prima e molto approssimata
previsione delle capacità velocistiche dell'imbarcazione.
Qui di seguito sono mostrate le rappresentazioni della soluzione ipotizzata ed il grafico che esprime le prestazioni a remi che si suppone la nave possa raggiungere.
E' bene far presente che queste valutazioni sono estremamente approssimate. Per ottenere dati più attendibili, è evidentemente indispensabile raggiungere, una definizione del progetto molto più dettagliata.
5. - Caratteristiche generali ed elementi di robustezza strutturale.
- Caratteristiche generali
L'imbarcazione oggetto del nostro studio ha le seguenti caratteristiche
principali:
- lunghezza fuori tutto: Loa = 23.07 m
- lunghezza al galleggiamento: Lwl = 21.77 m
- larghezza max (fuori fasciame) = 3.12 m
- larghezza max (fuori le posticce): = 4.46 m
- altezza di costruzione = 2.18 m
- numero di coppie di banchi = 13
- numero di rematori = 52
- larghezza delle posticce = 0.67 m
- immersione di progetto = 0.75 m
E' importante subito sottolineare che la configurazione dell'imbarcazione
ed alcune delle sue dimensioni principali sono nate da specifiche esigenze
delle navi da combattimento dell'epoca:
- estrema leggerezza: in modo che il bastimento potesse essere alato sulla
spiaggia, se necessario, da parte del proprio equipaggio;
- efficiente manovrabilità: in modo da non sottoporre ad un lungo
tirocinio i vogatori ed avere maggiore incisività in combattimento;
- sufficiente stabilità: facendo risultare la nave poco alta rispetto
alla larghezza e all'immersione.
I piani generali dell'imbarcazione sono rappresentati in figura 1 e figura 2.
Si tratta di uno scafo un solo ponte destinato ad ospitare la milizia,
con banchi sistemati nella stiva ad uno stesso livello ed obliquamente
rispetto alla murata (la lunghezza del banco è tale da sistemare
due vogatori su di esso); i remi si appoggiano sulla posticcia, con il
remo del vogatore interno che sovrasta quello del vogatore esterno.
I banchi sono scoperti, poiché si ipotizza che non esisteva un ponte
completamente continuo, ma solo due piattaforme, una nella zona poppiera
destinata ad accogliere, tra l'altro, i due timonieri, e l'altra nella
zona prodiera (la parte aperta dello scafo è necessaria per dare
aria sufficiente ai vogatori).
La nave è dotata si sperone che fa corpo unico con lo scafo, rappresentando
la parte prodiera della chiglia e delle cinte che vi convengono.
Nella zona poppiera la chiglia, le cinte e tutti i corsi di fasciame si
riuniscono costruendo, una cosa, che molti autori dicono assomigliante
ad una coda di pesce.
- Elementi di robustezza strutturale
Gli elementi e le dimensioni strutturali della sezione maestra della nave sono rappresentati nella figura 3.
La configurazione strutturale è nata dai rilievi iconografici
riportati in testi di studiosi che si sono interessati delle navi romane.
Per quanto concerne la dimensioni ed il tipo dei vari elementi che costituiscono
lo scafo (chiglia, fasciame ecc.), questi sono stati ipotizzati sulla base
dei rilievi archeologici di navi (anche se di natura diversa di quella
militare) che hanno avuto le dimensioni prossime alla Liburna in progetto.
Partendo allora dall'elemento "capostipite" dello scafo (la chiglia), è possibile notare che essa si presenta con sezione non prettamente rettangolare, con lati inclinati (battute del tutto differenti da quelle delle imbarcazioni in epoca moderna) atti ad accogliere i torelli. Sembra, infatti, che solo a partire dal I sec. d. C. (e fino al V o VI sec. d. C.) la sezione della chiglia appare rettangolare e mancante di battuta, con gli spigoli superiori, smussati, sui quali si appoggiavano i torelli.
L'insieme paramezzale centrale, chiglia, ruota e dritto, dato il ruolo fondamentale che svolge si dovrà immaginare con una giuntura ad hoc; in epoca antica si usava il cosiddetto "Dardo di Giove" (di caratteristiche molto difficili da imitare in epoca contemporanea), mentre attualmente si usano, per lo più, patelle a chiave o a dente.
Quanto agli altri elementi che concorrono (principalmente) alla robustezza
longitudinale dell'imbarcazione (data l'importanza che poteva avere quest'ultima,
seppur in un'imbarcazione di modeste dimensioni, in caso di speronamento)
è possibile notare:
- due paramezzali laterali fuori fasciame (a differenza di quello
che avviene in epoca contemporanea dove in ogni caso i paramezzali laterali
sono posti sopra gli staminali);
- quattro "cinte" (distribuite in prossimità dell'ossatura
delle posticce) che fanno parte integrante con il fasciame (a differenza
delle imbarcazioni moderne dove, di norma, sono poste sopra l'ultimo corso
di fasciame sulla murata);
- un'anguilla centrale immediatamente al di sopra dei puntelli (come
avviene in epoca moderna);
- due anguille laterali, di forma opportuna con "contro-anguille"
destinate probabilmente ad accogliere i bagli e l 'ultimo tratto dell'ossatura;
- fasciame (solo esterno) disposto sull'opera viva, sulle posticce
e sul ponte;
- tre elementi longitudinali interni disposti in prossimità dell'ossatura
delle posticce che possono essere paragonati ad "elementi serrettoni"
di un imbarcazione contemporanea
Per quanto riguarda gli elementi trasversali dell'ossatura, questi offrono
molti aspetti di riflessione.
Innanzitutto occorre rilevare che, per permettere i movimenti ai rematori,
tutto il moto del remo deve avvenire tra due ossature "complete"
(o rinforzate). Tenendo ora in conto il numero di coppie di banchi e la
lunghezza della nave riservata all'ubicazione degli stessi (si tratta di
un tratto, per lo più, quasi cilindrico dello scapo estendendosi
entro il 65% al mezzo della lunghezza della nave), è possibile valutare
facilmente la distanza longitudinale tra due ossature complete (e quindi
tra due coppie di banchi - nel nostro caso 1.1 m).
Per quanto concerne la distribuzione longitudinale delle ossature, sembra
che l'ipotesi più comune delle costruzioni d'epoca greco-romana,
sia l'alternanza di ordinate, rinforzate e comuni, rispettivamente con
e senza il madiere. Ma quest'ipotesi potrebbe riguardare, ancora una volta
il naviglio mercantile dell'epoca, che poteva avere una configurazione
strutturale, in questo caso, differente.
Con l'intento di ritornare successivamente sull'argomento si è ipotizzato,
in questa fase del progetto, un'ossatura comune troncata in prossimità
delle posticce, con dimensioni e configurazione identica alla rinforzata.
Si possono inoltre notare gli elementi dell'ossatura delle posticce che
dovranno essere saldamente collegati con quelli dell'ossatura fondamentale
(staminali e scalmi); ai primi andranno collegati quattro elementi
longitudinali in grado di ospitare le due scalmiere.
Infine, la struttura si completa con l'inserimento d'elementi puntello
frazionati ogni due intervalli di ossatura completa.
"L'esponente dei pesi" dell'imbarcazione a pieno carico,
ottenuto in una fase preliminare del progetto, è riportato nella
tabella allegata, a tale riguardo si sintetizzano le ipotesi fondamentali
alla base della sua stesura:
- i materiali impiegati per i vari elementi strutturali sono stati scelti
sulla base di quelli ritrovati nei relitti del Mediterraneo;
- i pesi unitari della milizia e dei vogatori sono stati ipotizzati come
"pesi complessivi", comprendenti il peso dell'uomo, del suo "armamento"
e della sua razione-viveri giornaliera;
- i pesi specifici dei materiali impiegati tengono conto di almeno quindici
mesi di stagionatura;
- il peso degli elementi trascurati nell'esponente del solo scafo (rostro,
vele ed accessori, ecc.) è stato valutato nell'ordine del 10% del
"peso scafo".
Elemento | Sezione | B {m) | H (m) | Lungh. o per. | Materiale | Vol. (m3) | Peso (Tonn) |
chiglia | Rett. | 0,24 | 0,3 | 23,70 | Quercia | 1,706 | 1,280 |
paramezz. centrale | " | 0,12 | 0,2 | 23,70 | " | 0,569 | 0,427 |
2 paramezz. laterali | " | 0,14 | 0,045 | 25,00 | " | 0,315 | 0,236 |
8 elem. cinta | " | 0,12 | 0,04 | 26,00 | " | 0,998 | 0,749 |
anguilla centrale | " | 0,16 | 0,06 | 23,70 | " | 0,228 | 0,171 |
2 anguille laterali | " | Sez. 0.025 m2 | 24,00 | " | 1,200 | 0,900 | |
4 contro-anguille | " | 0,1 | 0,05 | 24,00 | " | 0,960 | 0,720 |
6 serrettoni | " | 0,12 | 0,04 | 26,00 | " | 0,749 | 0,562 |
fasciame bagnato | " | 0,14 | 0,035 | Sup.74.75 m2 | Pino | 2,616 | 1,439 |
fasc. sulle posticce | " | 0,14 | 0,035 | Sup.16*4*0,8 (51.2 m2) | " | 1,792 | 0,986 |
fasciame del ponte | " | 0,2 | 0,03 | Sup 1,8*18 | " | 0,972 | 0,535 |
40 elem. di ossatura | Sez. media 0,14*0,14 | Per. medio 10m | Quercia | 7,840 | 5,880 | ||
scassa | *** | 0,2 | 0,3 | 3,00 | " | 0,180 | 0,135 |
albero | Circ. | D med=0,25 | 13,00 | Pino | 0,638 | 0,351 | |
piano pagliolo | *** | Spess. medio =0,015 | Sup. 18*2 | " | 0,540 | 0,297 | |
2 scalmiere | Rett. | 0,3 | 0,035 | 16,00 | Quercia | 0,336 | 0,252 |
4 reggi-scalmiera | Sez. 0,12*0,1 | 16,00 | " | 0,768 | 0,576 | ||
52 remi | Peso medio 12 kg | Pino | 0,624 | 0,468 | |||
26 panche | Rett. | 0,35 | 0,02 | 1,5 | " | 0,273 | 0,205 |
10 puntelli | Circ. | D =0,1 | 1,8 | " | 0,1413 | 0,106 | |
access. ed altro | 10% del peso ottenuto | 1,636 | |||||
Peso scafo | 17,909 | ||||||
52 rematori | Peso medio 80 kg | 4,16 | |||||
23 guerr. e armati | Peso medio 100 kg | 2,3 | |||||
Disloc. Totale | 24,369 |
Note: il "peso scafo" rappresenta
circa il 72% del dislocamento totale.
Negli "access. ed altro" si prevedono: 1) gli accessori dell'alberatura;
2) le pale dei timoni; 3) il rostro; 4) la chiodagione.
Il peso specifico della quercia è stato fissato pari a 0,75 T/m2,
mentre quello del pino pari a 0,55 T/m2.
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