Pietro Janni |
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Maurizio Silenzi |
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AA.VV. |
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Christian Armadori |
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Nota: |
Proprietà letteraria (copyright): Rivista Marittima |
Pietro Janni,
edizioni Dedalo |
La conoscenza della marineria dell'antichità
classica, a cui hanno soprattutto concorso, nell'ottocento, le ricerche
e le pubblicazioni di studiosi italiani (p. e. Raffaele Garrucci, Alberto
Guglielmotti, Ermanno Ferrero e Francesco Corazzini), si è notevolmente
approfondita nel novecento grazie alla copiosa messe di nuove informazioni
acquisite dall'archeologia - ivi inclusa, evidentemente, la sua più
recente e promettente branca subacquea - attraverso l'analisi e
l'interpretazione dei ritrovamenti (topografia, epigrafia, papirologia,
numismatica, ecc.). Di pari passo, sono fioriti nuovi studi che hanno suscitato
un interesse iniziale più spiccato presso i Paesi in cui più
diffusa si è mantenuta la coscienza della rilevanza delle questioni
marittime.
In tale situazione, mentre molteplici iniziative editoriali straniere assicuravano
la diffusione delle opere di propri ricercatori (vds. Lucien Basch, Lionel
Casson, Olaf Höckmann, Michel Reddé, Chester G. Starr e J.
H. Thiel), l'editoria nazionale parrebbe essersi pigramente limitata a
pubblicare la traduzione di talune opere già affermate all'estero,
assecondando in Patria una già fin troppo generalizzata inclinazione
verso l'esotismo. Nel recente panorama editoriale nostrano, pertanto, il
tema della marineria antica ha registrato l'assenza di opere degli studiosi
italiani (qualcuno, come Giovanni Forni, è stato pubblicato all'estero),
se si esclude qualche pregevole saggio redatto in occasione di convegni
internazionali, o per i nostri più autorevoli consessi culturali
(ad iniziare dall'Accademia Nazionale dei Lincei), o per riviste
specialistiche, quali la Rivista Marittima ed Epigraphica.
Da quanto detto, si può ben comprendere come venga a collocarsi questo nuovo libro di Pietro Janni, libro che a giusto titolo si presenta come "la prima opera italiana di ampio respiro su un tema di così grande importanza e interesse" qual'è la marineria antica. Si tratta quindi, come ribadito nella Premessa, di un lavoro concepito nell'ambito della cultura italiana e pensato nella lingua italiana, che si prefigge la trattazione della nautica nel più ampio contesto della civiltà greca e romana, tenuto conto che questa sbocciò e pervase il mondo grazie alle sue flotte ed ai suoi traffici marittimi; in tale ottica, l'Autore stesso ritiene preferibile "lasciare prima di tutto la parola agli antichi", adottando autonomamente, e con modalità sue proprie, quel criterio generale che i Lettori della Rivista Marittima hanno già incontrato, a partire dal 1992, nei primi cinque libri di "Classica".
Dopo il primo capitolo, in cui viene illustrato
il problema della lacunosità delle fonti e delle altre informazioni
disponibili, tutti gli altri capitoli iniziano con un brano antico - ben
presentato ed inquadrato nel suo contesto storico e letterario - e proseguono
poi con la trattazione ampliata ed approfondita del particolare aspetto
della nautica che emerge da quel passo.
In particolare, si comincia con otto capitoli (dal II al IX) prevalentemente
dedicati alla marineria dei Greci, con il supporto di brani di autori ellenici
(Omero, Esiodo, Erodoto, Tucidide, Senofonte, Pseudo-Demostene e Diodoro
Siculo). Essi introducono, fra le altre, alcune tematiche basilari per
la comprensione della nautica dell'antichità greca e romana: il
calendario nautico, le caratteristiche delle triremi, le relative capacità
di navigazione a remi ed a vela, nonché "l'enigma degli
enigmi": il remeggio delle poliremi classiche.
Nei rimanenti nove capitoli (dal X al XVIII) ci si riferisce soprattutto
al mondo dei Romani, il cui carattere cosmopolita e culturalmente bilingue
risulta felicemente rappresentato anche dalla scelta dei brani introduttivi
(Polibio, Cesare, Cassio Dione, Atti degli Apostoli, Giuseppe Flavio, Petronio,
Luciano, Ateneo e Strabone). Le gesta dei Romani sul mare nel periodo della
Repubblica sono esemplificate dalle due maggiori battaglie navali condotte
nel Mediterraneo (Ecnomo ed Azio) e da quella combattuta dalla flotta di
Cesare nelle acque della Bretagna contro le poderose navi oceaniche delle
popolazioni armoricane (guerra Venetica). La marittimità
dell'Impero di Roma viene poi illustrata descrivendone i molteplici aspetti
attorno a grandi tematiche, quali: la sicurezza in mare, la costruzione
dei grandi porti e delle altre imponenti opere marittime, i viaggi per
mare, le navi da carico e le navi colossali: dalla descrizione fantastica
di tre gigantesche navi ellenistiche (dei re Tolomeo IV d'Egitto e Gerone
II di Siracusa, alleato di Roma) alla superba concretezza delle compiante
navi di Nemi. L'Autore ci mostra infine l'estrema estensione dei traffici
marittimi degli antichi, specialmente durante il periodo dell'Impero, con
rotte regolari per l'India ed esplorazioni che si spingevano "ai
confini del mondo", sia nell'oceano orientale che in quello occidentale,
"ricordandoci che tutta la storia umana è una sola storia,
come tutti i mari del mondo sono un solo mare".
Nel complesso, il libro si presenta come un testo di lettura gradevole ed immediatamente comprensibile anche da parte dei non iniziati, ma che, per la ricchezza delle note, la precisione dei rinvii alle fonti antiche e la molteplicità delle citazioni dei più qualificati studiosi moderni, può risultare di prezioso ausilio anche al soddisfacimento delle esigenze di chi si prefigge i più impegnativi approfondimenti della materia.
Recensione pubblicata sulla Rivista Marittima di giugno 1997, pag. 214-215 (vedi nota)
Maurizio Silenzi
Newton & Compton editori |
Il grandioso complesso portuale dell'antica Roma, articolato sui due poli di Ostia e di Porto, è stato oggetto di tanti studi e pubblicazioni (ai navigatori di Internet basta dare un'occhiata alla sterminata bibliografia messa in linea dal sito OSTIA - Harbour City of Ancient Rome), che qualsiasi nuova opera su tale argomento parrebbe necessariamente costretta a riproporre temi ampiamente trattati dai testi precedenti, limitando la propria originalità alla sola aggiunta di qualche aggiornamento relativo ai più recenti ritrovamenti archeologici. Tale sensazione, tuttavia, viene del tutto fugata non appena si inizia a sfogliare questo nuovo libro di Maurizio Silenzi, presentato - nel sottotitolo - come "Storia e ricostruzione urbanistica del progetto architettonico, sociale e politico dell'imperatore Claudio per la realizzazione del Portus Romae".
Fin dal primo capitolo, di introduzione allo studio,
viene efficacemente sottolineata "la grande importanza del rapporto
che è esistito tra la città di Roma e il mare",
a partire dalla fondazione dell'Urbe fino alla fondazione dell'Impero,
ed il ruolo essenziale successivamente mantenuto dal Porto di Roma che,
"per tutto il periodo imperiale, fu la chiave di volta del sistema
romano".
I successivi cinque capitoli (II-VI) costituiscono la premessa storica
alla costruzione del porto imperiale: vengono in particolare esaminati
quel carattere di "città marinara" che giustamente
deve essere riconosciuto all'antica Roma (come peraltro ebbe occasione
di dire anche Cicerone), la stretta connessione al mare assicurata dal
suo fiume, il porto fluviale della città, il primo approdo marittimo
costituito dalla misteriosa Ostia di Anco Marcio e la successiva struttura
portuale della città di Ostia che noi conosciamo (scavi di Ostia
antica), da cui si irradiò, per tutto il periodo della Repubblica,
l'espansione economica, politica e culturale di Roma, per mezzo dei suoi
traffici commerciali marittimi e - soprattutto a partire dalle guerre puniche
- delle sue flotte militari.
La panoramica storica viene quindi conclusa nei successivi due capitoli
(VII-VIII), che descrivono rispettivamente l'interessante figura dell'imperatore
Claudio e la costruzione del grande Porto di Roma. Claudio, che fu uno
studioso erudito e raffinato, un lungimirante riformatore della amministrazione
dello Stato, un energico artefice del consolidamento e del potenziamento
dell'Impero (basti pensare alla conquista della Britannia), nonché
un concreto realizzatore di grandiose opere pubbliche, concepì lo
straordinario disegno di dotare l'Urbe del più ampio e razionale
porto marittimo artificiale di tutto il mondo romano, con capacità
tali da imporsi come centro vitale e meta privilegiata della vasta rete
delle comunicazioni marittime del Mediterraneo. Tale struttura, secondo
la ben argomentata tesi sostenuta dall'autore, venne interamente progettata
dallo stesso Claudio, realizzata in massima parte durante il suo stesso
principato, completata ed inaugurata da Nerone, parzialmente ristrutturata
da Traiano (da cui prese il nome il bacino esagonale) e sottoposta ad ogni
cura dai successivi imperatori fino all'inizio del V secolo, cioè
per l'intera durata dell'Impero.
La rimanente e più cospicua parte del libro
(capitoli IX-XV) contiene l'accurata descrizione dei risultati conseguiti
dall'autore nella sua indagine sulla conformazione del Porto di Roma: "una
ricerca, che ha richiesto 3 anni e mezzo di studio, visivamente compendiata
in questo libro con 235 immagini e disegni, più una serie di tavole
allegate", e che illumina di nuova luce "l'affascinante
e avveniristico progetto originale del grandioso complesso".
Gli aspetti presi in considerazione nello studio sono numerosissimi e di
ogni possibile natura: oltre alle fonti letterarie ed alle evidenze archeologiche,
si va dall'epigrafia, alla numismatica, alla cartografia (iniziando dalla
Tavola Peutingeriana), all'aerofotogrammetria, all'urbanistica ed
all'architettura, avvalendosi altresì di una serie di sorprendenti
"riferimenti simbolici (cosmici, territoriali e geometrici)",
che, affiancati ai dati verificabili, appaiono trovare più di un
riscontro. Nell'esame dell'iconografia antica, una particolare attenzione
è stata riservata all'analisi di due monete celebrative (quelle,
ben note, di Nerone e di Traiano), di due bassorilievi navali (quello della
collezione Torlonia e quello di Copenaghen) e dell'affresco recentemente
ritrovato al
Colle Oppio: a tale dipinto
viene dedicato un intero capitolo (XIII) per illustrare tutti i particolari
per i quali quello scorcio di città vista a volo d'uccello risulta
identificabile come "una rappresentazione della parte meridionale
della zona urbana di Portus articolata intorno al bacino esagonale".
Dall'insieme delle risultanze dell'indagine scaturisce una nitida ricostruzione
della struttura urbanistica e portuale del Porto di Roma, con una precisa
indicazione della possibile collocazione delle opere marittime non ancora
individuate dall'archeologia (fra queste, il celeberrimo Faro), e con svariate
altre deduzioni di spiccato interesse marittimo, quali quelle relative
al sistema dei canali, ai fanali interni usati per allineamento ed ai percorsi
navali (rotte di entrata, di uscita, ecc.).
In definitiva, il libro presenta un duplice carattere: per gli studiosi, un nuovo contributo alla conoscenza, anche ai fini della messa a fuoco delle aree da sottoporre ad indagine (qualcuno avrà mai l'ardire di scavare la gigantesca nave di Caligola sepolta sotto al basamento del Faro?), o perlomeno da salvaguardare; per tutti gli altri, una ricchissima miniera di informazioni, esposte con chiarezza e semplicità nonostante la complessità della materia, sul più celebre ed importante porto della civiltà romana.
Recensione pubblicata sulla Rivista Marittima di gennaio 2000, pag. 239-240 (vedi nota)
L'AFRICA ROMANA
Carocci |
Il XIV Convegno internazionale di studi su "L'Africa Romana", promosso sotto gli auspici della Association Internationale d'Épigraphie Grecque et Latine, si è tenuto a Sassari dal 7 al 10 dicembre 2000 ed è stato dedicato ad un tema prettamente marittimo: quello della geografia storica e dell'economia relative all'area marittima del bacino occidentale del Mediterraneo nei secoli del dominio romano e nelle epoche immediatamente precedenti e seguenti. Gli atti del convegno, cui hanno partecipato più di 200 studiosi provenienti da dodici nazioni, sono costituiti da oltre 170 presentazioni raccolte in tre volumi, pubblicati dall'editore Carocci nella collana del Dipartimento di storia dell'Università degli Studi di Sassari, per iniziativa dello stesso dipartimento, del Centro di Studi interdisciplinari sulle Province Romane della predetta università, nonché dello Institut National du Patrimoine della Tunisia.
Si tratta dei risultati di un complesso molto ricco e variegato di ricerche storiche ed archeologiche che sono state condotte negli anni più recenti e che hanno fornito un'ampia mole di dati di rilevante interesse sulle attività navali e sulle infrastrutture marittime nel Mediterraneo occidentale in età romana.
Fra tali dati, vi sono innanzi tutto quelli sui porti, sulle coste e sulle isole, oltre che sui relitti e sulle rotte commerciali romane nel Mediterraneo occidentale. Su quest'ultimo aspetto, vi sono dei particolari approfondimenti relativi alle rotte fra la Spagna e Roma, fra la Spagna, la Sardegna e la nostra Penisola, fra la Sardegna e l'Africa, nonché alla navigazione nello Stretto di Messina. In merito ai relitti, vi sono due studi relativi alla Nave B del porto di Pisa e alla nave romana di Comacchio. Le coste prese in esame sono quelle della Calabria, delle Sicilia occidentale, della Spagna mediterranea, delle due Sirti, della Mauretania e della Tingitania; mentre le isole che sono oggetto di specifiche presentazioni sono le Pontine, Pantelleria, Malta e Gerba. Per quanto concerne, infine, i porti, sono vi sono molti pregevoli testi aventi per oggetto gli antichi porti di Genova, Luni, Pisa, Volterra, Miseno, Vibo, Reggio, Olbia, Cagliari, Nora, Porto Torres, Otranto, Nereto, Leptis Magna, Sabrata, Cartagine, Ippona Regia (odierna Bona) ed Ippona Diarrito (odierna Biserta), con il suo ampio complesso lacustre.
Dei numerosissimi altri testi inclusi in questa raccolta, risultano di particolare interesse per la storia navale e marittima i seguenti:
- una presentazione generale dell'ambiente di riferimento: "Lo spazio marittimo del Mediterraneo occidentale in età romana", di Raimondo Zucca, che pone in particolare evidenza il ruolo delle isole nell'antichità classica, dalle quelle del nostro mare alle isole Fortunate (odierne Canarie);
- tre studi sulle rotte marittime delineate dall'Itinerarium Maritimum
(il testo incluso nel libro XI di
Classica): "Il Mediterraneo occidentale nelle testimonianze itinerarie imperiali", di Lucietta Di Paola, "Problemi della rotta Roma-Arles", di Giovanni Uggeri, e "Aspetti della rotta Roma-Cartagine", di Annapaola Mosca;
- tre brevi saggi storici su periodi critici della storia navale romana: "Los medios navales romanos al inicio de la primera guerra púnica. El cruce del estrecho de Mesina por Roma", di Jaime Gómez de Caso Zuriaga, "César et la mer au temps de la guerre d'Afrique", di Élisabeth Deniaux, e "Il controllo militare del Mediterraneo in età tetrarchica e costantiniana", di Vincenzo Aiello. Il soggetto di quest'ultimo testo, che evidenzia l'infausto ridimensionamento delle due grandi flotte pretorie romane da parte di Costantino, è parzialmente correlato con quanto viene riportato nel seguente altro studio: "Il porto di Miseno tra Costantino e Gregorio Magno: nuova luce dalle recenti acquisizioni", di Gianfranco De Rossi;
- due presentazioni relative all'origine ed alla religiosità dei marinai delle flotte romane: "Note sull'origine geografica dei classiari nelle flotte imperiali: i marinai di provenienza nordafricana", di Aniello Parma, e "Marinai in tempesta", di Mika Kajava, che descrive due epigrafi di età romana con poesie di dedica di ex-voto ad Ercole per scampato naufragio;
- tre studi relativi ad aspetti particolari del commercio marittimo: "Alcune considerazioni sulla presenza commerciale romano-italica nella penisola iberica prima della seconda guerra punica", di Franca Cibecchini e Jordi Principal, "Commerci di contenitori da trasporto a lungo corso tra il Mediterraneo tirrenico e Maiorca nel III-I sec. a.C.", di Alessandra Toniolo e Blanca Fayas Rico, e "Les épaves antiques de Camargue et le commerce maritime du fer en Méditerranée nord-occidentale (Ier siècle avant J.-C. - Ier après J.-C.)", di Luc Long, Christian Rico, Claude Domergue;
- due fresche descrizioni di un gran numero di illustrazioni di temi marittimi nei mosaici romani (molti dei quali sono poco noti): "Mosaicos de tema marino en Siria, Israel, Jordania, Norte de África, Hispania y Chipre", di José María Blázquez, e "El transporte marítimo en los mosaicos romanos", di María Pilar San Nicolás Pedraz, con scene di imbarco di anfore ed altre merci, animali (cavalli, elefanti, ecc.) ed obelischi sulle navi romane;
- tre testi relativi ad alcune forme di sfruttamento delle risorse marine: "Pesca del Corallium rubrum in Sardegna nell'antichità: materiali e strumenti", di Mario Galasso, "Ebusus y la producción de púrpura en el Imperio romano", di Carmen Alfaro Giner, e "Marine resource exploitation in the cities of coastal Tripolitania", di Andrew Wilson (che parla della produzione di pesce sotto sale, di garum e della porpora di murice, a Sabrata e Leptis Magna);
- un contributo decisamente originale da una fonte insolita: "L'espace maritime romain et les ports en Afrique du Nord à travers les textes des géographes arabes médiévaux", di Brahim El Kadiri Boutchich, che riporta varie notizie sui porti dell'Impero, oltre a due accenni a grandi progetti marittimi romani. Il primo, altrimenti sconosciuto, è quello di un ponte fra Europa ed Africa (circa 12 miglia), di cui i Romani avrebbero avviato la costruzione, in epoca imprecisata, e di cui sarebbero rimaste alcune tracce ancora visibili in epoca medievale. Il secondo, conosciuto da altre fonti in forma diversa (Fossa Traiana), è il progetto di un canale navigabile fra Mediterraneo e Mar Rosso; tale progetto, secondo la fonte araba, sarebbe fallito a causa del dislivello (peraltro inesistente) fra i due mari.
In conclusione, questi tre volumi si presentano, nel complesso, come una miniera di informazioni di spiccato interesse, mai banali, tutte ben documentate ed adeguatamente illustrate.
Recensione pubblicata sulla Rivista Marittima di aprile 2004, pag. 206-207 (vedi nota)
Christian Armadori
Edizioni Quasar |
Uno degli arcani più indecifrabili della storia navale antica, oltre all’annoso e controverso problema del remeggio delle poliremi, è costituito dall’incredibile celerità con la quale i Romani riuscirono a costruire delle flotte di notevole consistenza. Questa singolare abilità è stata evidenziata da varie fonti storiche (soprattutto Polibio, Tito Livio e Floro) nella narrazione delle prime due guerre Puniche, ma essa perdurò anche nei secoli successivi, perlomeno fino all’istituzione delle flotte imperiali da parte di Augusto ed Agrippa.
Le costruzioni navali più stupefacenti avvennero nel 260 a.C., quando la prima grande flotta romana (100 quinqueremi e 20 triremi) venne approntata entro 60 giorni dal taglio degli alberi, e nel 254 a.C., quando una nuova flotta di 220 quinqueremi fu allestita in tre mesi. Ma in tutta la prima guerra Punica le costruzioni romane furono molto più numerose, raggiungendo un totale di circa 900 quinqueremi. Un rilevantissimo sforzo navale venne anche compiuto nel secondo conflitto contro Cartagine, iniziato dai Romani con una flotta di 220 quinqueremi (218 a.C.) ed illuminato da un primato strabiliante: per scortare il convoglio destinato allo sbarco navale in Africa, Scipione fece approntare 30 nuove poliremi in soli 44 giorni dopo l’arrivo del legname dai boschi (205 a.C.).
La straordinaria capacità romana nel campo delle costruzioni navali per esigenze belliche viene normalmente spiegata con il ricorso a tecniche di assemblaggio in serie di elementi prefabbricati: una soluzione verosimile, ma insufficiente a giustificare la contrazione dei tempi, a meno che non venisse applicata contemporaneamente ad una molteplicità di cantieri navali distribuiti nel bacino del Tevere, visto che era sempre da Roma e da Ostia che partivano tutte le flotte romane del III secolo a.C.
Tale ipotesi potrebbe ora trovare un suo primo riscontro archeologico nei pressi di Narni, sul fiume Nera (il maggiore affluente del Tevere), laddove è focalizzato lo studio descritto nel libro di Christian Armadori. L’autore, essendo stato indotto ad esaminare, inizialmente per mera curiosità giornalistica, un atipico scavo di sbancamento attribuito all’antichità romana, intuì che si trattasse di un ampio canale artificiale creato parallelamente al fiume con l’originaria funzione di cantiere navale, forse per la costruzione di quinqueremi.
Questa suggestiva congettura è stata quindi oggetto di un’accurata indagine, condotta con acume ed appassionato impegno, attraverso l’attenta valutazione delle evidenze archeologiche e la loro correlazione con ogni possibile elemento pertinente desumibile dalle fonti storiche, nonché dalle moderne ricerche sulla navigabilità del Tevere e del Nera a partire da Narni, cioè dal sito dell’antica colonia romana di Narnia.
In conclusione il libro intende fornire uno stimolo ad ulteriori indagini da condurre con le più raffinate tecniche dell’archeologia, per avvalorare con rigore scientifico gli incoraggianti risultati parziali fin qui conseguiti, e che lasciano intravvedere un interessante esempio di cantiere navale romano realizzato su di un fiume ed in area boschiva. Il criterio della contiguità dei boschi verrà più tardi seguito anche da Agrippa, sul lago Averno, mentre per i fiumi va ricordato quanto ha scritto Giulio Cesare, la sola fonte antica che specifica la collocazione geografica di tutte le costruzioni navali di cui parla. Le tre flotte ch’egli stesso creò durante le sue campagne furono infatti tutte costruite sui fiumi: quella contro i Veneti, sulla Loira; quella per il secondo sbarco in Britannia, sulla Senna e sul suo maggiore affluente, la Marna; quella per il blocco navale di Marsiglia, sul Rodano.
Recensione pubblicata sulla Rivista Marittima di maggio 2012, pag. 158-159 (vedi nota)
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