Dalla rivista mensile "L'Italia Marinara" della Lega Navale Italiana |
Alla foce del Tevere - là dove la mitica nave del peregrinante troiano fu sospinta dagli agitati marosi ed Enea divenne « padre dell'alma Roma e di suo impero » - in tempi ancora avvolti dalle nebbie della leggenda, Roma fece la sua prima affermazione sul mare. Quando il battagliero Anco Marzio - assoggettate le città Iatine di Politorio, Medulla, Tellene, Ficana, sostenute guerre vittoriose contro Sabini, Veienti, ed altre popolazioni finitime e trasferiti in Roma, secondo i primitivi costumi, gli abitanti delle città conquistate - vide Roma sempre più popolarsi, spinse verso il mare il suo sguardo e si accinse ad un'opera che doveva assicurare, oltreché il varco a più estese conquiste, i mezzi di sussistenza necessari all'ingrandita città.
Il Tevere, benché navigabile da legni di media grandezza, non offriva soverchia utilità al commercio dei Romani, sfociando esso in luogo deserto di approdi. Anco Marzio, servendosi della bocca stessa del fiume, vi costruì un comodo porto sì da permettere l'ancoraggio ai grossi navigli e il trasbordo delle merci su legni di minor mole che dovevano risalir lungo il fiume. Di pari passo con la costruzione del porto, Anco curò la escavazione di vaste saline e la fondazione di una colonia che, per essere situata sullo sbocco del Tevere - sull'Ostio tiberino - venne denominata Ostia.
Intimamente legata alle vicende della metropoli, la storia di Ostia è la storia stessa di Roma: prosperò nei periodi della grandezza di questa, decadde colla sua decadenza.
Fin dai primissimi tempi Roma vegliò con cura particolare e gelosa sulle sorti di questa colonia - stazione navale e grande emporio di commercio insieme - alla quale principalmente era affidata la sua vita commerciale ed economica in tempo di pace e - baluardo avanzato sul mare - anche la sua sicurezza in tempo di guerra.
Godette sempre di privilegi speciali: così lo sfruttamento delle saline, fonte d'ingente ricchezza; così l'esenzione dalla leva militare, singolarissimo privilegio accordato soltanto alle colonie di Ostia e di Anzio; così l'esenzione da qualunque imposta e il diritto anzi a speciali tributi - ai quali non si sottrassero neanche gli imperatori - stabiliti per ogni bastimento che entrasse nel porto.
Elevata financo a residenza di uno dei quattro questori di Roma, sede di personaggi illustri, tutti gli imperatori la protessero e l'abbellirono profondendovi somme rilevatissime. Augusto edificò in Ostia un teatro; Adriano restaurati templi e altri pubblici monumenti vi curò la costruzione d'importanti magazzini lungo la riva del Tevere; Antonino vi costruì terme grandiose; Settimio Severo numerosi edifici aprendo inoltre la via litorale fino all'Appia presso Terracina; Aureliano vi eresse un foro sul mare ed un palazzo imperiale; Tacito le donò cento colonne di marmo numidico di 23 piedi di altezza; Costantino v'innalzò una basilica in onore degli apostoli Pietro e Paolo ed assegnò fra l'altro alla città l'isola Sacra.
Nel periodo del massimo splendore, in Ostia - colonia con 80.000 abitanti di una metropoli di 4 milioni - enorme era il numero delle navi che entravano annualmente nel porto; fantastico il traffico. I tributi di tutti i popoli soggetti vi convergevano; le mercanzie, da quelle del più necessario consumo a quelle del più raffinato lusso orientale, vi confluivano dalle più remote regioni : tutti gli interessi vi eran rappresentati, tutte le passioni vi si agitavano, e tutti gli Dei vi avevano culto, tutte le lingue vi si incrociavano, tutti i costumi vi facevano sfoggio. Se però Ostia visse di vita florida fin verso il termine dell'Impero non uguale sorte toccò all'antico porto sul Tevere.
Reso, alla fine della Repubblica, pressoché impraticabile dai depositi alluvionali che per l'azione delle piene, dei venti, delle maree venivano a modificare di continuo i fondali, molti bastimenti erano costretti a restare al largo per settimane intiere in balia degli elementi, e spesso a dirigersi altrove : tutto ciò con funeste conseguenze per Roma che privata delle sue vettovaglie soggiacque spesse volte a fierissime carestie.
A tale stato di cose, protrattosi per lunga serie di anni, pose termine Claudio, quando - riprendendo i vecchi progetti di Giulio Cesare e di Augusto - dette opera alla costruzione di un nuovo grandiosissimo porto a tre chilometri a nord del Tevere.
La poderosa intrapresa iniziatasi non senza forti contrasti e portato a compimento nel 54, dopo dodici anni d'ininterrotto lavoro, dette a Roma il porto più grande che abbia avuto l'antichità.
Difeso da due lunghi moli semicircolari su cui correvano magazzini con porticati ricchi di colonne e di statue, e messo in comunicazione col fiume mediante un canale artificiale, il largo bacino si apriva sul mare verso nord-ovest. La bocca di esso fu occupata da un'isola artificiale su cui s'ergeva la statua gigantesca di Nettuno ed il faro; e ci narra Svetonio come una grande nave convenientemente caricata di calce e di pietre (quella stessa che portò dall'Egitto l'obelisco ergentesi oggi in piazza S Pietro) servisse di fondamento a quest’isola. Il grande porto (largo ben 1960 metri e lungo 1300, con una profondità di 10) quantunque orientato a nord-ovest per evitare l'interramento non poté sottrarsi del tutto a tale azione, sicché considerevoli depositi alluvionali vennero in esso a determinarsi; non solo, ma forti libecciate riuscirono di frequente a scompigliarne il bacino cagionandovi l'affondamento di moltissime navi.
Fu allora che Traiano nel 103 d. C., restaurato il porto, si decise a renderlo più sicuro e ad ampliarlo, corredandolo di una darsena a forma di esagono regolare del diametro di 750 metri e che, come il porto esterno, fu circondata da arsenali, magazzini e numerosi altri edifici anch'essi tutti sontuosamente ornati da colonne e da statue.
Ostia, allacciata da strade alle opere di Claudio e Traiano, ebbe così il suo nuovo e più grande porto che le conferì ancor maggiore importanza. Ma, in seguilo, lo sviluppo sempre crescente della nuova città a poco a poco sorta intorno a! porto - che fu chiamata Porto (Portus) - e poi la traslazione dell'Impero, l'assenza degli imperatori da Roma e finalmente le continue invasioni barbariche furono fatali alla colonia ostiense che finì per decadere del tutto.
Soltanto nel secolo X, allorché il porto era quasi completamente interrito dalle arene fluviali e trasformato in una vera palude e la fossa Traiana ormai anch'essa inaccessibile alla navigazione, il commercio cominciò ad a pigliarsi di nuovo al braccio sinistro del fiume: e il piccolo borgo di Ostia moderna fondato e fortificato da Gregorio IV (827-844) diventò fino al 1612 (quando Paolo V fece restaurare e sgombrare il canale Traiano, oggi di Fiumicino) il luogo di approdo pei viaggiatori e il porto di Roma.