Rivista bimestrale Voce Romana
n° 18 - novembre-dicembre 2012

Monumenti Navali di Roma (XII)


La Colonna Traiana


di DOMENICO CARRO


La più appariscente espansione territoriale conseguita dai Romani in epoca imperiale avvenne al di là del Danubio e dell’Eufrate, sebbene questi due grandi fiumi fossero stati fino allora considerati come confini naturali dell’Impero. La marcia delle legioni di Traiano verso l’altopiano transilvanico e verso il bacino mesopotamico può apparire, a prima vista, come una serie di operazioni esclusivamente terrestri, considerate in un’ottica continentale. Tuttavia, in entrambe le direttrici di avanzamento si rese necessario un importante contributo delle navi, utilizzate con efficacia dallo stesso imperatore, che fu peraltro un sicuro conoscitore delle cose navali ed anche un provetto skipper. Plinio il Giovane riferisce infatti che il principe, “quando voleva mostrare sui mari il proprio vigore fisico, si sedeva al timone e gareggiava con i più forti dei suoi amici nel fendere le onde, nel domare i venti avversi, nel superare a forza di remi le più forti correnti.”

Le guerre Daciche vennero intraprese da Traiano nel 101 d.C. per riaffermare i diritti di Roma sanciti dal trattato di pace che era stato accordato da Domiziano al re dei Daci, Decebalo, ma che quest’ultimo non voleva più onorare. Di tali guerre abbiamo solo poche descrizioni storiche, molto sommarie e lacunose, fortunatamente affiancate dalla più incantevole delle testimonianze iconografiche: la splendida striscia narrativa costituita dalla lunga sequenza di raffinati bassorilievi marmorei che si avvolgono ad elica, dal basso verso l’alto, attorno al fusto della colonna Traiana. L’importanza del contributo delle navi alle operazioni contro la Dacia è comprovata dalle numerose scene navali che vi sono scolpite, in posizione di grande visibilità.

Si inizia proprio dai bassorilievi più in basso, che mostrano lo scenario iniziale della prima guerra Dacica, sulla riva destra del Danubio, davanti ad una fortezza legionaria romana: alla banchina vi sono tre navi da carico fluviali impiegate per il trasporto logistico degli approvvigionamenti (esemplificati da sacchi di frumento e botti di vino) necessari alle truppe. Subito dopo, si vedono molte altre unità navali utilizzate per realizzare i due ponti di navi sui quali le legioni attraversarono il fiume per invadere la Dacia.

Agli inizi dell’anno seguente, mentre Traiano svernava nella fortezza di Viminacio, molto più a valle le forze romane furono messe in difficoltà da un attacco improvviso di Decebalo. I bassorilievi della colonna mostrano pertanto l’avvio d’una imponente spedizione della flotta danubiana (la Classis Moesica) in soccorso delle città assediate: imbarco di materiali su una nave da carico; approntamento di una nave da guerra; trasferimento di uomini e cavalli, imbarcati su navi da trasporto; partenza della flotta (simboleggiata da due navi rostrate), la cui nave ammiraglia, in primo piano, viene pilotata direttamente da Traiano; sbarco delle forze romane sulla riva destra del basso Danubio. La vittoria della cavalleria romana sbarcata dalle navi è anche rappresentata sulle metope del monumentale Trofeo di Traiano, eretto qualche anno dopo in quell’area (ad Adamclisi).

Sulla colonna, il ritorno dell’imperatore in una fortezza più a monte viene illustrato dalla presenza di una nave da guerra davanti allo stesso Traiano che riceve la sottomissione di due capi barbari. Subito dopo, l’attraversamento del fiume su di un terzo ponte di navi costituisce l’inizio della fase finale della prima guerra Dacica, destinata a concludersi con la sottomissione di Decebalo.

Le violazioni del trattato successivamente compiute dal re costrinsero Traiano a muovere contro di lui un’altra e definitiva guerra, che doveva portare all’annessione della Dacia. All’inizio, tutto navale, di questa seconda guerra Dacica (estate 105) la colonna Traiana conferisce un risalto particolare, verosimilmente corrispondente all’elevata importanza che venne allora attribuita alla spedizione navale, per le sue dimensioni eccezionali. La sequenza delle scene navali inizia da un’ampia rappresentazione della partenza notturna della flotta (Classis Praetoria Ravennatis), con Traiano al posto di comando, e si conclude nella spira superiore, estendendosi per una lunghezza maggiore dell’intero perimetro della colonna. Prescindendo dalle discordi interpretazioni dei vari studiosi, l’itinerario più logico illustrato dai bassorilievo dovrebbe essere: partenza da Ancona ed arrivo a Pola, dopo una navigazione con mare agitato; successiva traversata verso Aquileia (da cui si raggiungeva con breve tragitto la Sava, ove imbarcarsi sulla Classis Pannonica); seguono due sbarchi navali, prima da una prora rostrata sulla riva danubiana, poi da una grossa nave oneraria in una località marittima che potrebbe essere Tomi sul Mar Nero (evidentemente una parte dei trasferimenti delle truppe avvenne lungo un’altra rotta su di un convoglio di navi onerarie).

Mentre Traiano concludeva le operazioni per fare della Dacia una provincia romana, il suo legato in Siria, Aulo Cornelio Palma Frontoniano, procedeva all’annessione dell’Arabia Nabatea (che includeva le coste settentrionali del Mar Rosso e la penisola del Sinai, fino all’area di Petra), quale azione preliminare al progetto di Traiano per la sistemazione delle regioni orientali. In tale contesto l’imperatore fece anche riscavare completamente l’antico canale navigabile fra il Nilo ed il Mar Rosso. Il canale, che partiva dal vertice del Delta per sfociare in prossimità di Arsinoe (odierna Suez), assunse quindi il nome di Traiano (Fossa Traiana o Amnis Traianus). L’imperatore lo fece proteggere, a monte, dalla nuova fortezza di Babilonia d’Egitto (il forte che domina tuttora la città vecchia del Cairo) e, alla foce, dalla piazzaforte che assunse anch’essa il nome di Fossa Traiana. Questa via d’acqua d’importanza strategica, poiché consentiva al traffico navale mercantile romano di raggiungere dal Mediterraneo le lucrose rotte commerciali con l’Arabia Felice, con l’India e con l’estremo Oriente, rimase in funzione per tutta la durata dell’Impero, venendo poi tutelata anche in epoca bizantina. Proprio per assicurare la protezione di tali rotte, Traiano provvide ad istituire una flotta militare permanente nel Mar Rosso (la Classis Arabica).

Fra i molti ulteriori provvedimenti assunti da Traiano a favore della navigazione, vanno ricordati altri canali navigabili e dei porti marittimi. Fra i primi, vi furono, in particolare: il ripristino del canale di collegamento fra il Tigri e l’Eufrate, una Fossa Traiana sul Tevere (l’attuale canale di Fiumicino) ed un progetto di canale affidato a Plinio il Giovane per collegare al mare il lago Sapanca, vicino a Nicomedia (odierna Izmit). Fra i nuovi porti, spiccano per importanza quello di Centumcellae, ovvero Civitavecchia – i cui imponenti lavori di costruzione sono descritti in una lettera del predetto Plinio –, e soprattutto il grandioso bacino interno, perfettamente esagonale, del porto imperiale di Roma (il Portus Augustus Urbis Romae, attuale Porto).

Nel 113 d.C. Traiano intraprese la sua spedizione militare in Oriente, poiché i Parti avevano violato l’accordo sull’Armenia, regno tributario dei Romani. Con un consistente corpo di spedizione, l’imperatore si imbarcò a Brindisi sulle navi della Classis Praetoria Misenensis e si trasferì nel Mediterraneo orientale, sostando al Pireo ed in alcuni porti dell’Asia minore e sbarcando infine in Siria, al termine di una navigazione nella burrasca invernale, nel gennaio 114. Altre forze raggiunsero la zona di operazione dalla Dacia, navigando nel Mar Nero da Tomi a Trebisonda.

Dopo aver annesso l’Armenia e condotto varie altre imprese in Mesopotamia con il sostegno logistico della flotta sull’Eufrate, l’imperatore svernò ad Antiochia, proprio quando questa città venne colpita da un disastroso terremoto. Per gli interventi di soccorso furono fatte affluire dall’Egitto le navi della Classis Augusta Alexandrina, come si può desumere dalle lettere scritte in quell’epoca dal giovane classiario Claudio Terenziano imbarcato sulla liburna Nettuno.

Nella successiva fase della guerra Partica, Traiano fece largamente ricorso alle flotte, sia nell’alto corso del Tigri, ove impiegò delle navi ch’egli stesso aveva fatto costruire nelle vicine selve, sia sull’Eufrate, che scorrendo non lontano da Antiochia costituiva la più agevole via di penetrazione verso la Mesopotamia. Giunto nel punto di minor distanza fra i due grandi fiumi, collegati fra di loro da un antico canale, egli fece ripristinare la navigabilità di questa via d’acqua artificiale e vi transitò con la flotta dell’Eufrate per andare ad impossessarsi, poco più a valle, delle maggiori città bagnate dal Tigri, inclusa Ctesifonte, la capitale dei Parti.

L’imperatore proseguì la sua navigazione con cinquanta navi verso la foce del fiume, ove ricevette la sottomissione del re Attambelo della Mesene, lo stato della Mesopotamia meridionale che venne così acquisito dall’Impero romano come regno cliente. Giunto infine nelle acque del Golfo Persico egli vi navigò per un tratto, rammaricandosi di non avere più tempo per raggiungere l’ormai vicinissima India. Vi lasciò comunque una flotta a protezione del traffico navale romano.

Rientrato poi in navigazione sull’Eufrate fino a Babilonia, Traiano fece sedare alcuni fermenti nelle regioni conquistate ed impose infine un re ai Parti. L’Optimus princeps concluse così il suo ottimale principato, considerato l’apogeo dell’Impero e l’inizio del suo “secolo d’oro”.

© 2012 - Proprietà letteraria di DOMENICO CARRO.

  

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