Strenna dei Romanisti 2018
pubblicata dal Gruppo dei Romanisti
         in occasione della celebrazione del Natale di Roma         
Roma, 21 aprile 2018

TRIONFI NAVALI

  di DOMENICO CARRO  

SOMMARIO

© 2018 - Proprietà letteraria di DOMENICO CARRO.

  

Privacy Policy
SOMMARIO ROMA MARITTIMA NAVIGARE NECESSE EST home

Triumpe triumpe triumpe triumpe triumpe!

In questo ultimo verso del Carme Arvale [1], notoriamente uno dei più antichi testi della lingua latina [2], l’enfatica conclusione dell’invocazione al dio Marte denota tutta l’importanza e la sacralità attribuita dai Romani, fin dall’epoca arcaica, all’idea di trionfo. La stessa cerimonia del trionfo, somma onoranza romana risalente all’epoca regia [3], non era solo la festosa ed orgogliosa esibizione degli aspetti più ammirati di una vittoria memorabile, ma anche una solenne cerimonia civile e religiosa che, dopo aver percorso il previsto itinerario fra la porta Triumphalis e la via Sacra, doveva concludersi sul colle capitolino, ove il trionfatore saliva devotamente a piedi per andare a deporre gli allori sulle ginocchia della statua di Giove Ottimo Massimo [4].

Nell’ultramillenaria storia di Roma antica vennero complessivamente celebrati circa 350 trionfi [5], una ventina dei quali si distinsero per il loro carattere prettamente navale. Vale la pena soffermarci proprio su questi poiché, nonostante la loro relativa esiguità numerica, essi furono il riflesso di eventi tutt’altro che marginali nel processo di affermazione della civiltà romana.

La concessione dei trionfi da parte del Senato scaturiva dall’esame dei risultati conseguiti in guerra e da valutazioni di opportunità, nel rispetto di alcuni criteri stabiliti e consolidati nel corso dei secoli [6]: il comandante vittorioso doveva essere stato investito dell’imperium, aver combattuto una guerra esterna, aver vinto una grande battaglia campale uccidendo almeno cinquemila nemici ed aver ampliato il territorio dell’impero. Era inoltre formalmente necessario che i suoi uomini lo avessero acclamato imperator, che il Senato avesse decretato le supplicationes per la vittoria e che l’esercito fosse poi stato riportato in patria per poter partecipare alla cerimonia trionfale [7]. In tali condizioni il Senato poteva autorizzare il trionfo, stanziando anche i relativi fondi [8].


FIGURA 1a

Quando il console Gaio Duilio, al comando della prima grande flotta allestita dai Romani per affrontare la marina punica, sconfisse il nemico nelle acque di Milazzo affondando 13 navi e catturandone 31, inclusa la nave ammiraglia dei Cartaginesi, i Romani compresero subito la straordinaria importanza di quella prima e nettissima vittoria navale che dischiudeva loro la possibilità di sottrarre a Cartagine il dominio del mare. Quindi, poiché per valutare la gloria di chi aveva vinto in alto mare non erano applicabili tutti i criteri stabiliti per le battaglie terrestri, il Senato istituì un nuovo tipo di celebrazione [9], il trionfo navale, in aggiunta alle altre tre categorie fino allora esistenti: l’ovazione, il trionfo curule [10] (o trionfo tout court) e quello al Monte Albano. I trionfi curule e navale risultarono degli onori concettualmente paritetici.

Duilio ebbe perciò la prerogativa di celebrare il primo dei trionfi navali (260 a.C.), oltre alla dedica della prima delle colonne rostrate e ad altri privilegi del tutto inusitati. Poiché all’epoca della prima guerra punica la principale base navale della flotta romana era collocata nei Navalia dell’Urbe [11], in quella struttura devono essere state portate, risalendo il Tevere, alcune delle trenta quinqueremi e triremi puniche catturate a Milazzo, unitamente all’imponente ammiraglia del comandante in capo cartaginese, Annibale il Vecchio: una rara e prestigiosa settereme che era appartenuta al re Pirro [12]. I Romani potrebbero dunque aver avuto occasione di vedere quelle prede navali, sia al momento del loro arrivo in navigazione sul tratto cittadino del fiume, sia durante la loro eventuale inclusione nel corteo del trionfo [13]: navi forse in parte esibite sui carri o comunque rappresentate dai loro rostri.

Nel prosieguo di quell’epica sfida sul mare fra Roma e Cartagine i trionfi navali si moltiplicarono, raggiungendo in totale il fatidico numero sette. Dopo Duilio, infatti, ricevettero lo stesso onore: il console Gaio Attilio Regolo, che nel 257 a.C. sconfisse la flotta punica nelle acque di Tindari (10 navi nemiche catturate, 8 affondate) e forse meritò, verosimilmente per la sua audacia, la prima assegnazione dell’onorificenza della corona navale [14]; il console Lucio Manlio Vulsone Longo, che nel 256 riportò con il collega Marco Attilio Regolo (poi sbarcato in Africa) l’immane vittoria navale di Ecnomo (64 navi puniche catturate, oltre 30 affondate); i proconsoli Servio Fulvio Petino Nobiliore e Marco Emilio Paolo che trionfarono entrambi nel gennaio 254, in due giorni successivi, perché, essendo stati inviati l’anno precedente al comando di una flotta per evacuare dall’Africa le legioni che vi erano state sconfitte, riuscirono anche a sbaragliare una grande forza navale nemica al largo dell’odierno capo Bon, catturando ben 114 navi puniche con tutti gli equipaggi. Sappiamo inoltre, incidentalmente, che una colonna rostrata venne eretta sul Campidoglio in onore del secondo console [15]: dobbiamo quindi presumere che lo stesso onore sia spettato anche al primo. Gli ultimi due trionfi navali della prima guerra punica premiarono la risolutiva vittoria in mare conseguita dalla flotta romana a nord delle Egadi (10 marzo 241), catturando 63 navi puniche, affondandone 125 e determinando la resa dei Cartaginesi, la fine del conflitto e la ratifica della pace alle condizioni di Roma. Il primo a trionfare fu il comandante in capo delle forze romane, proconsole Gaio Lutazio Catulo, che aveva efficacemente curato l’addestramento delle navi e ne aveva deciso la strategia vincente. Due giorni dopo trionfò anche il propretore Quinto Valerio Faltone, che aveva esercitato il comando della flotta durante la battaglia navale, su delega di Lutazio Catulo rimasto in lettiga perché sofferente per una ferita precedentemente subita [16].

Dopo aver acquisito – con la vittoria sui Cartaginesi – il dominio del mare nel Mediterraneo occidentale, i Romani dovettero impegnare le proprie flotte per molte altre esigenze belliche, prevalentemente nelle acque a levante della nostra Penisola. Per i successi ottenuti nel corso di tali operazioni, il Senato decretò altri quattro trionfi navali. Ne beneficiò nel 228 il proconsole Gneo Fulvio Centimalo che, al comando di una flotta di 200 navi, aveva sconfitto gli Illiri, rei di aver pirateggiato ai danni dei mercantili provenienti dall'Italia. Una quarantina di anni dopo (189) lo stesso onore venne accordato al propretore Lucio Emilio Regillo che aveva riportato la determinante vittoria navale di Mionneso (42 navi catturate) sulla flotta del re di Siria, Antioco III il Grande, consentendo lo sbarco in Asia del console Lucio Cornelio Scipione (il futuro “Asiatico”) e rendendo inevitabile la resa del sovrano nemico. Il trionfo navale fu poi concesso anche al successivo comandante della flotta romana, il pretore Quinto Fabio Labeone (188) che, oltre ad aver costretto i Cretesi a liberare circa 4000 prigionieri romani ed italici, aveva distrutto tutte le cinquanta navi superstiti di Antioco ed ottenuto con le proprie quinqueremi la resa della città di Telmesso, caposaldo occidentale della Licia. Infine, l’ultimo dei trionfi navali veri e propri spettò al propretore Gneo Ottavio (167) che, al comando della flotta romana, dopo aver fornito il concorso navale alle operazioni del console Lucio Emilio Paolo contro i Macedoni fino alla vittoria di Pidna, aveva inseguito per mare e catturato nell’isola di Samotracia il re Perseo, ponendo in tal modo fine alla terza guerra macedonica ed all’ultima dinastia di monarchi della Macedonia.


***


FIGURA 1b

Come potremmo raffigurarci i trionfi navali? Anche se le frammentarie fonti antiche che ci sono pervenute non contengono descrizioni soddisfacenti, non è difficile arguire che essi ricalcassero sostanzialmente i lineamenti dei trionfi tradizionali, pur evidenziando alcune peculiarità. Vi era innanzi tutto una netta diversità nell’arrivo delle forze nell’appropriata area fuori dal pomerium, in attesa dell’ingresso trionfale in città: mentre per i trionfi normali le legioni affluivano verso Roma lungo le vie consolari e si radunavano nel Campo Marzio, per quelli navali gli equipaggi al completo raggiungevano i Navalia risalendo il Tevere a bordo delle proprie unità [17]. Da quel sito protetto, il trionfatore con i suoi equipaggi poteva accedere all’area del Circo Flaminio attraverso la porta Navalis, per poi effettuare il prescritto ingresso nell’Urbe transitando per la porta Triumphalis [18]. Il percorso cittadino, i cui punti di massima visibilità erano il Circo Massimo ed il Foro Romano, doveva essere conforme alle regole generali, così come la successione dei vari componenti della processione trionfale, che si apriva con il bottino di guerra seguito da riproduzioni di scene belliche [19]. È evidentemente in tale inizio del corteo che si trovavano le principali singolarità del trionfo navale, poiché questo si distingueva per la marcata presenza di spoglie navali – soprattutto rostri [20], ma anche aplustri, acrostoli, ancore, timoni, armi imbarcate, ecc. –, per rappresentare le navi nemiche catturate, e di tabulae pictae intese a mostrare gli aspetti salienti dei combattimenti avvenuti in alto mare [21]. In alcuni casi è possibile che siano state esibite fra le prede navali anche delle navi intere, caricate su carri, purché si trattasse di scafi di dimensioni contenute e compatibili con i punti più stretti del percorso (4,5 m circa [22]).

Sappiamo che i trionfi navali di Lucio Emilio Regillo e di Gneo Ottavio mostrarono un bottino poco spettacolare [23] soprattutto perché le prede più pregiate vennero esibite, com’è logico, dai rispettivi consoli. D’altronde gli oggetti di valore acquisibili in alto mare sono sempre ben pochi: più che altro il denaro contante trovato a bordo delle navi catturate. Ciò nonostante, queste somme servirono egregiamente per i donativi al personale e per erigere monumenti nell’Urbe, come il tempio di Giano costruito da Duilio, quello di Giuturna, da Lutazio Catulo, quello dei Lari Permarini, da Emilio Regillo, e il Portico Corinzio (o Porticus Octavia) dai raffinati capitelli bronzei, edificato da Gneo Ottavio presso il Circo Flaminio.

Fin qui sono stati considerati soltanto i trionfi di consoli, proconsoli, pretori o propretori cui il Senato aveva assegnato il comando della flotta. Questi magistrati ebbero dunque il compito primario di condurre la guerra navale contro il nemico, allo scopo di contribuire alla vittoria finale sfruttando il dominio del mare.

I successivi trionfi a carattere navale, di cui ora ci occuperemo, vennero invece celebrati da consoli, proconsoli ed imperatori che esercitarono un comando più ampio di quello della flotta, ma che condussero comunque delle operazioni navali di spiccata valenza ai fini del conseguimento dei risultati strategici prestabiliti. In tali casi non vi fu più motivo di ricorrere ancora alla formula del triumphus navalis, risultando pienamente soddisfatti i requisiti relativi ai trionfi normali, ma si trattò comunque di cerimonie in cui si è voluto conferire risalto ad un essenziale successo navale.


***


FIGURA 2

Dopo le guerre macedoniche e l’ultima guerra punica, delle rilevanti operazioni belliche necessariamente navali furono eseguite contro le isole e le coste in cui s’annidavano covi di pirati. I seguenti quattro proconsoli, pur avendo combattuto contro dei nemici disprezzati, come chi ricorre alla pirateria [24], ottennero l’onore del trionfo: Quinto Cecilio Metello, detto Balearico (121 a.C.) per aver sconfitto i pirati delle Baleari, Marco Antonio [25] “l'Oratore” (102) vincitore sui pirati di Cilicia, Publio Servilio Vatia, il futuro Isaurico (75), per aver sbaragliato per mare la flotta piratica dei Cilici ed aver poi soggiogato gli Isauri, e un altro Quinto Cecilio Metello [26], che fu soprannominato Cretico (62) per aver preso possesso dell’isola di Creta sterminandovi i pirati. In questi quattro trionfi la componente navale deve quindi aver goduto di un’alta visibilità, ma non ne abbiamo conferme dalle scarse fonti antiche disponibili.

Vi sono per contro delle maggiori informazioni su altri due trionfi celebrati in quegli stessi anni: quello di Lucullo e quello di Pompeo.

Lucio Licinio Lucullo aveva partecipato alla prima guerra Mitridatica in qualità di luogotenente di Silla e si era già distinto per le sue ardite imprese navali nel Mediterraneo orientale, un mare che allora pullulava di navi nemiche. Un decennio dopo egli aveva ricevuto il comando della terza guerra contro il sanguinario Mitridate VI Eupatore, re del Ponto, e aveva condotto le relative operazioni per ben nove anni in Egeo, nel mar di Marmara, nel mar Nero e sulla costa settentrionale anatolica, addentrandosi infine nell’entroterra fino all’Armenia. I suoi molteplici successi navali, contro la poderosa flotta regia e le copiose flottiglie di pirati finanziate dal monarca, avevano suscitato una vasta eco a Roma e l’ammirato entusiasmo di Cicerone [27]. Rientrato a Roma dopo essere stato sostituito da Pompeo, Lucullo celebrò tre anni dopo uno splendido trionfo (63 a.C.) durante il quale poté esibire centodieci navi da guerra nemiche con i rostri di bronzo, trasportate su carri [28].

Due anni dopo trionfò anche Gneo Pompeo Magno, che nel frattempo aveva dato ripetute ed inconfutabili prove della propria auto-celebrata grandezza, liberando in pochi mesi l’intero Mediterraneo dal terrore della pirateria cilicia, bloccando poi dal mare il re Mitridate ed i suoi sostenitori, con un immenso dispositivo navale dispiegato lungo le coste orientali – dalla Palestina alla Crimea – e conseguendo proprio in tale penisola l’auspicata fine del sovrano nemico, suicidatosi in seguito alla rivolta dei suoi. Tornato a Roma dalla concomitante sua campagna in oriente, avendo condotto in porto 700 navi catturate complete [29] ed avendo conferito la corona navale al più prestigioso dei suoi luogotenenti [30], Pompeo celebrò dunque un trionfo che durò due giorni. In esso egli fece sfilare innumerevoli carri con rostri di navi, volendo porre nel massimo risalto i successi mediante i quali aveva “restituito al popolo romano il dominio del mare” [31].

Il vile assassinio di Pompeo suscitò il pianto di Giulio Cesare, che dovette affrontare con poche forze l’inopinata ostilità degli Alessandrini. Egli si difese avvalendosi delle sue navi, che riportarono una serie di successi nelle acque di Alessandria, a Chersoneso, sull’isola di Faro, a Canopo e sul Nilo. Al termine dei successivi impegni bellici nel Ponto ed in Africa, Cesare venne accolto a Roma con un quadruplice trionfo (46 a.C.): sulla Gallia, sull'Egitto, sul Ponto e sul re Giuba. Poiché le operazioni marittime lo avevano personalmente coinvolto soprattutto durante la guerra alessandrina, è naturale ch’egli abbia voluto maggiormente esaltare le proprie gesta navali nel secondo [32] dei quattro trionfi. In ogni caso quelle gesta vennero efficacemente ricordate anche attraverso lo spettacolo di naumachia che Cesare organizzò nell’Urbe (per la prima volta) a corollario del trionfo, facendo combattere quadriremi, triremi e biremi egizie e fenicie, armate con consistenti equipaggi [33], in un ampio bacino appositamente scavato in zona Codeta minore [34], nel Campo Marzio.


FIGURA 3

Toccò al figlio adottivo di Cesare l’onore di concludere in grande stile la serie dei trionfi della repubblica. Due furono, in particolare, le occasioni di cerimonie trionfali per imprese prettamente navali: la conclusione della guerra Sicula e quella della guerra Aziaca. In entrambi i casi Ottaviano aveva vinto grazie alla perizia di Marco Agrippa, il suo più valido amico e collaboratore.

Poiché la vittoria navale di Nauloco [35] – che concluse il primo dei predetti conflitti – aveva consentito il recupero della Sicilia senza ulteriori ingrandimenti dell’impero, il Senato decretò ad Ottaviano solo il trionfo minore [36], ovvero l’ovazione (36 a.C.), ma accordandogli anche altri onori, inclusa una colonna rostrata nel Foro per aver liberato il mare dalle flotte piratesche che per cinque anni avevano affamato l’Italia. Ad Agrippa venne conferita la corona navale, per la prima volta votata dal Senato e dal popolo, con la prerogativa di poterla indossare in tutti gli eventi ufficiali, mentre a tutti i classiari che avevano combattuto in mare a Nauloco Ottaviano donò la corona d’ulivo (oleaginea), equiparandoli onorificamente ai cavalieri [37].


FIGURA 4

Sette anni dopo, avendo felicemente superato altre due guerre marittime ed essendo infine sbarcato ad Alessandria per annettere l’Egitto, Ottaviano poté infine celebrare a Roma il suo fastoso triplice trionfo (29 a.C.), cui accennarono a modo loro anche i poeti contemporanei presenti: sfilata di rostri sulla via Sacra, cortei di carri e navi, esibizione di imagines e tabulae pictae per illustrare i successi conseguiti [38]. Dei tre trionfi – il dalmatico, l’aziaco e l’alessandrino, tutti legati all’impiego della flotta – quello con una maggior presenza di rostri catturati fu certamente il secondo, data la straordinaria efficacia della vittoria navale di Azio, sia per i risultati tattici conseguiti in quelle acque [39], sia soprattutto per la valenza strategica di tale esito ai fini della pacificazione dell’impero, terra marique [40].

Data la considerevole quantità di rostri smontati dalle navi catturate, solo una parte poté essere esposta nell’ambito del corteo trionfale. Quelli più grossi [41], infatti, furono lasciati in zona per fissarli sul basamento dell’imponente monumento aziaco di Nicopoli. Gli altri, portati a Roma, furono utilizzati sia per le quattro colonne rostrate che il Senato volle erigere in onore di Cesare Ottaviano e Marco Agrippa, sia per ornare il podio del tempio del Divo Giulio. Qualche rostro, infine, venne fissato alla base di una statua equestre di Agrippa [42], quale ulteriore omaggio all’ammiraglio vittorioso, in aggiunta al prestigioso vessillo azzurro donatogli da Ottaviano.


***

In definitiva, questo rapido riepilogo di trionfi navali rappresenta una sommaria sintesi di alcuni aspetti salienti della storia delle flotte di Roma, iniziata con l’immissione nei Navalia delle navi catturate ad Anzio. In quel lontano 338 a.C. i rostri delle unità più malandate erano stati smontati ed affissi sul podio della tribuna, ove rimasero in bella vista, sempre affacciati sul Foro, per otto secoli. Dopo quei primi rostri vennero i trionfi navali ad evidenziare dei successi particolarmente importanti, incluse le vittorie navali delle Egadi e di Azio che hanno determinato le due più nette svolte epocali della storia di Roma. Ma quegli stessi trionfi, le varie colonne rostrate ed infine la sistemazione dei rostri aziaci di fronte a quelli anziati mostrano anche quanto i Romani siano stati consapevoli e fieri della progressiva affermazione dalle loro flotte, fino al definitivo consolidamento del proprio dominio del mare.


FIGURA 5

Tale sentimento sopravvisse alla repubblica, visto che alcuni trionfi imperiali ostentarono orgogliosamente delle nuove imprese navali. Iniziò Gaio Caligola, che fu accolto con l’ovazione (40 d.C.) al rientro dalla spedizione condotta verso la Manica in preparazione dello sbarco in Britannia: nell’ambito della cerimonia sfilarono le triremi che il giovane principe aveva appositamente inviato a Roma.

Non fu da meno lo zio Claudio che, elettrizzato dalla sua campagna di sedici giorni in Britannia, si regalò una cerimonia trionfale su di una enorme polireme al largo di Ravenna, poi il trionfo a Roma (44 d.C.), forse con emblemi navali, ed infine la corona navale per aver varcato l’Oceano. Ad essi si aggiunse Vespasiano, che nel trionfo giudaico (71 d.C.) fece sfilare numerose navi catturate nelle decisive battaglie navali combattute nel lago di Tiberiade ed ordinò reiterate emissioni di una moneta celebrativa dedicata alla Victoria navalis.

Non è escluso che altri imperatori abbiano voluto analogamente sottolineare i successi delle proprie flotte, ma l’ultimo dei trionfi navali svoltisi nell’Urbe non risale all’antichità romana, bensì alla prima età moderna: fu quello tributato a Marco Antonio Colonna (4 dicembre 1571) quale effettivo artefice della memorabile vittoria navale di Lepanto. Tanto a lungo perdurò a Roma l'antica propensione ad onorare anche i grandi successi ottenuti nella solitudine della vasta distesa dei mari.

SOMMARIO ROMA MARITTIMA NAVIGARE NECESSE EST home

Note

[ 1] Preghiera cantata dai dodici membri del collegio sacerdotale dei Fratres Arvales, tradizionalmente istituito da Romolo (PLIN. nat. 18.6; GELL. 6.7.8) e perpetuatosi fino al IV sec. d.C.

[ 2] Il testo, rinvenuto in un’iscrizione del 218 d.C. (CIL 6, 2104), proviene da un’epoca arcaica, forse perfino preromulea: S. FERRI, Metodo archeologico e Carmen Fratrum Arvalium, in «Studi Classici e Orientali», 5 (1955), p. 90.

[ 3] I Fasti triumphales iniziano proprio dal primo trionfo di “Romolo, re, figlio di Marte” (CIL 1-1, p. 43) sui Ceninensi; cfr. LIV. 1.10.5.

[ 4] E. LA ROCCA, La processione trionfale come spettacolo per il popolo romano, in Trionfi romani, Milano, 2008, Catalogo della mostra, Roma, Colosseo, 5 marzo/14 settembre 2008, pp. 34-55.

[ 5] Ne furono registrati 320 da Romolo a Vespasiano (OROS. 7.9.8).

[ 6] Valerio Massimo li illustra nel capitolo de triumphandi iure (VAL.MAX. 2,8)

[ 7] E. LA ROCCA, La processione trionfale … cit., p. 36.

[ 8] POL. 6,15,8.

[ 9] I. OSTENBERG, Staging the world: spoils, captives, and representations in the Roman triumphal procession, Oxford, 2009, pp. 48-49; C.J. DART - F.J. VERVAET, Claiming triumphs for recovered territories: reflections on Valerius Maximus 2.8.4, in C.H. LANGE - F.J. VERVAET, The Roman republican triumph beyond the spectacle, Roma, 2014, pp. 57-58.

[10] R. Gest. div. Aug. 1,4.

[11] Cfr. D. CARRO, Navalia, in «Strenna dei Romanisti», 2015, pp. 119-134.

[12] POL. 1,23; CIL 1,00025 (iscrizione sulla base della colonna rostrata).

[13] I. OSTENBERG, Staging the world … cit., p. 47.

[14] Sulle prime due corone navali: FEST. pp. 156-157 L. Poiché nei frammenti di Festo compare solo “Atilius” senza prenome e cognome, si è pensato anche al più noto Marco Attilio Regolo, eroicamente sacrificatosi a Cartagine, o al pretore Aulo Attilio Calatino, che celebrò il trionfo curule avendo operato prevalentemente sul terreno e solo in parte anche in mare (Vir ill. 39).

[15] LIV. 42,20: la colonna venne abbattuta da un fulmine nel 172 a.C.

[16] Sulla valutazione delle due richieste di trionfo: VAL.MAX. 2,8,2.

[17] Cfr. C.H. LANGE, Triumphs in the age of Civil War: the late Republic and the adaptability of triumphal tradition, London - New York, 2016, p.163.

[18] F. COARELLI, Il Foro Boario, Roma, 1992, pp. 54 e 363-414.

[19] E. LA ROCCA, La processione trionfale … cit., pp. 42 e 45.

[20] I. OSTENBERG, Staging the world … cit., pp. 49-50.

[21] C.J. DART - F.J. VERVAET, The Significance of the Naval Triumph in Roman History (260-29 BCE), in «Zeitschrift für Papyrologie und Epigraphik», 176 (2011), pp. 267-280; v. p. 275.

[22] E. LA ROCCA, La processione trionfale … cit., p. 35.

[23] LIV. 37,58,4 e 45,42,2-3.

[24] Secondo Aulo Gellio, chi sconfiggeva dei pirati poteva ambire solo all’ovazione (GELL. 5,6,20); ma egli scriveva nel II sec. d.C., quando la pirateria si manifestava solo episodicamente e non poteva essere considerata una minaccia particolarmente impegnativa per chi era chiamato a reprimerla.

[25] Nonno dell’omonimo triumviro.

[26] Figlio d’un fratello del Balearico

[27] CIC. Arch. 21. Oltre alla vittoria navale di Tenedo (ove venne sbaragliata una flotta di 80 navi pontiche), ricordata dall’Arpinate, ve ne fu un’altra nelle stesse acque, una davanti a Lemno ed una al largo di Eraclea Pontica.

[28] PLUT. Luc. 37.3

[29] APP. Mithr. 116. In totale affondò o catturò 846 navi (PLIN. nat. 7.97).

[30] Marco Terenzio Varrone (FEST. pp. 156-157 L).

[31] PLIN. nat. 7.98; APP. Mithr. 116-117; PLUT. Pomp. 45

[32] Vi sfilarono anche le rappresentazioni del Nilo e di Faro (FLOR. 2,13,88).

[33] Vi furono 4000 rematori e 1000 combattenti per parte (APP. civ. 2,102).

[34] SUET. Caes. 39,6; CASS.DIO 43,23,4; F. COARELLI, Codeta Minor, LTUR 1.

[35] Oltre 200 navi piratiche catturate o andate in secca; 28 affondate.

[36] Coerentemente con i prestabiliti criteri (VAL.MAX 2,8,4); cfr. nota 4.

[37] PLIN. nat. 16,7-8; DION. HAL. ant. 6,13,4; CASS. DIO 49, 14,2-3; F.J. VERVAET - C.J. DART, On the military crowns awarded after Naulochus: historical circumstances and wider significance, www.academia.edu (sito consultato il 22/10/2017), pp. 10-12 e 19-24.

[38] PROP. 2.1.35; Hor. epist. 2.1.192; VERG. Aen. 8,724-728; L. CHIOFFI, Triumphus, in «Enciclopedia Virgiliana», 5 (1990), pp. 275-279; I. OSTENBERG, Staging the world … cit., pp. 51 e 53

[39] Il totale degli scafi catturati ad Azio, in mare ed in porto, deve essere stato di oltre 300 unità, visto che Augusto poté vantare un bottino complessivo di seicento navi (R. Gest. div. Aug. 3,4) a partire dalla guerra Sicula.

[40] R. Gest. div. Aug. 1,13.

[41] Si tratta di 36 o 37 rostri di navi maggiori, dalle deceremi alle quadriremi: W.M. MURRAY, The age of Titans - The rise and fall of the great hellenistic navies, Oxford - New York, 2012, pp. 39-47

[42] F.J. VERVAET - C.J. DART, Last of the naval triumphs: revisiting key Actian honours, in «Journal of Roman Archaeology », 29 (2016), p. 401

SOMMARIO ROMA MARITTIMA NAVIGARE NECESSE EST home

Illustrazioni

[FIGURA 1a] Spoglie navali: prore rostrate e rostri, aplustri, acrostoli, ancore, tridenti (bassorilievi dell’arco di Orange. Foto da wikiwand.com, sito consultato il 24/10/ 2017).

[FIGURA 1b] Spoglie navali: prore rostrate e rostri, aplustri, acrostoli, ancore, tridenti, remi, timoni e un pennone cui è assicurato un perfetto bozzello con i relativi cavi (bassorilievi dell’arco di Orange. Foto T. BOWDEN).

[FIGURA 2] Trasporto di un bastimento a vela su di un carro (affresco del I sec. d.C. proveniente da Ostia, custodito dai Musei Vaticani. Foto D. CARRO)

[FIGURA 3] Colonna rostrata eretta in onore di Ottaviano, accolto con l’ovazione al rientro dalla guerra Sicula (denario d’argento del Medagliere Capitolino. Foto D. CARRO).

[FIGURA 4] Vittoria alata su prora rostrata, emblema del felice evento celebrato da Ottaviano nel suo trionfo aziaco (denario d’argento del Medagliere Capitolino. Foto D. CARRO).

[FIGURA 5] Il tema della Victoria navalis utilizzato su varie emissioni monetarie di Vespasiano a partire dal suo trionfo giudaico e successivamente ripreso anche dai suoi figli Tito e Domiziano (dupondio di rame di uso commerciale. Foto da nomismaweb.com, sito consultato il 12/05/ 2015).

Privacy Policy
SOMMARIO ROMA MARITTIMA NAVIGARE NECESSE EST home