Convegno "Traiano Optimus Princeps - I porti dell'imperatore"
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Nell'elogiare Traiano, Plinio il Giovane scrisse tra l'altro: «Il nostro principe ... ora siede al timone, ora gareggia con i più forti dei suoi amici nel fendere i flutti, domare i venti contrari e superare vogando i frangenti dei marosi.» (Plin. paneg. 81). Pur essendo indubbiamente suggestivo questo aspetto dell'imperatore, cui veniva riconosciuta una perizia marinara ed un'abilità nautica da skipper provetto, a noi interessa soprattutto valutare Traiano al timone dello Stato, in particolare per quanto concerne la gestione delle forze navali e la cura delle opere marittime.
A tal fine, occorre prendere in esame, in successione: le flotte imperiali, gli impegni navali prioritari durante il principato di Traiano e le opere marittime maggiori di questo imperatore, giungendo infine alle conclusioni, con qualche considerazione di natura geostrategica.
Prima di valutare la gestione delle forze navali, è bene ricordare innanzi tutto cosa fossero queste flotte imperiali: come nacquero, come furono dislocate, quali furono il loro ruolo strategico ed i loro compiti.
Dopo la vittoria navale di Azio e la chiusura del tempio di Giano, Ottaviano Augusto ebbe il merito di capire che, per tutelare la pace e la stabilità, non doveva congedare le legioni, né rinunciare alle flotte, ma occorreva istituire - per la prima volta nella storia di Roma - delle forze armate permanenti. La flotta vittoriosa ad Azio venne pertanto ripartita fra le nuove basi navali di Miseno e Ravenna, mentre le navi nemiche catturate costituirono le flotte di Foro Giulio (Fréjus) e di Alessandria. Successivamente altre flotte furono create dallo stesso Augusto e dai suoi successori, formando in tal modo un dispositivo navale estremamente esteso, in grado di intervenire in tutte le aree nevralgiche dell'Impero. (nella carta sono rappresentate con dei tondi le basi navali principali delle varie flotte, mentre i quadrati indicano i porti più utilizzati da gruppi navali distaccati dalle flotte).
Negli ultimi tre secoli della repubblica i Romani avevano sempre agito attribuendo alle proprie flotte un ruolo coerente con il principio cardine del dominio del mare: quello che venne poi attribuito a Pompeo Magno e ripreso in epoca moderna più o meno negli stessi termini: chi ha il dominio del mare è destinato ad avere il dominio di tutto (Cic. Att. 10, 8, 4). Attenendosi a tale criterio Roma riuscì infatti ad imporre il proprio dominio su tutte le maggiori potenze navali dell'epoca, avendole tutte sconfitte per mare.
In epoca imperiale, tuttavia, non c'erano più serie minacce navali da affrontare per mare. Pertanto molti studiosi dell'ottocento e del novecento si sono domandati se quelle flotte assolvessero realmente un ruolo da marina da guerra, o se non fossero relegate a funzioni del tutto umili e marginali. La risposta la si trova nel concetto di dissuasione, come spiegò molto lucidamente Vegezio: « Il popolo romano, per il suo prestigio e per le esigenze della sua grandezza, pur non essendovi costretto da alcun imminente pericolo, in ogni tempo mantenne allestita la flotta, onde averla sempre pronta ad ogni necessità. Indubbiamente, nessuno osa sfidare o arrecare danno a quel regno o popolo, che sa essere pronto a combattere e risoluto a resistere ed a vendicarsi. » (Veg. mil. 4,31)
Oggigiorno, a distanza di molti decenni dalla fine della guerra fredda, risulta abbastanza chiaro che le flotte hanno un ruolo ben preciso anche in tempo di pace: dissuasione (o deterrenza) - espandibile anche come "persuasione" e "diplomazia navale" -, interventi nelle crisi (dominio del mare e proiezione di potenza), sicurezza marittima e assistenza umanitaria. Questo è il ruolo odierno delle flotte della superpotenza statunitense, così come quello della nostra Marina Militare, per le esigenze nazionali, europee e Nato. E non è nemmeno troppo sorprendente constatare che si tratta sostanzialmente dello stesso ruolo attribuibile alle flotte imperiali romane di duemila anni fa.
Fra i compiti effettivamente assolti da queste flotte troviamo innanzi tutto degli interventi navali attuati in occasione di guerre o sedizioni, come, ad esempio, la ribellione di Edemone in Mauretania, la guerra Giudaica, l'assedio navale di Bisanzio e le guerre Daciche.
Vi sono poi le reiterate spedizioni navali per le campagne in Oriente: guerre Partiche di Traiano (114-117 ), Lucio Vero (161-166 ) e Settimio Severo (197-198 ); guerre Persiane di Alessandro Severo (231-233 ), Caro (282-283 ) e Giuliano (362-363 ).
Non mancarono nemmeno vari sbarchi navali su coste ostili: in Britannia (invasione), in Siria (contro Zenobia), in Egitto (contro Firmo), nell'Africa proconsolare (contro Domizio Alessandro).
Da ricordare inoltre le ricorrenti operazioni navali per neutralizzare fin dai primi allarmi il risorgere della pirateria.
Di battaglie navali vere e proprie non ve ne furono, se non nel basso impero: nel 324 d.C. la battaglia navale dei Dardanelli e nel 456 d.C. una vittoria navale sui Vandali nelle acque della Corsica.
Infine, fra gli svariati altri compiti tipici del tempo di pace, quello più importante e significativo rimase sempre quello di vigilanza a tutela della sicurezza della navigazione e delle aree marittime.
Ai fini dell'analisi dei maggiori impegni navali resisi necessari durante il principato di Traiano, le fonti letterarie non sono, purtroppo, di sufficiente aiuto. La storiografia antica relativa a questo imperatore ci è infatti pervenuta in forma estremamente limitata e lacunosa. Per fortuna alcuni utili contributi vengono forniti da altre fonti, ad iniziare dai raffinati bassorilievi della colonna Traiana.
Per la conquista della Dacia, le forze navali impegnate furono innanzi tutto la flotta di Ravenna, per il transito marittimo fino ai porti della Dalmazia, poi la flotta Pannonica (sull'alto Danubio e sui suoi principali affluenti: Drava e Sava) e la flotta Mesica (in parte sul basso Danubio ed in parte sul mare, dalle foci del fiume alla Bitinia e alla Crimea). Per il sostegno navale logistico dal mar Nero, un ruolo di rilevo potrebbero averlo avuto anche la poderosa flotta di Miseno e la più piccola ma più vicina flotta Pontica, come lascia intendere una moneta coniata a Bisanzio (sul dritto, l'effigie di Traiano; sul rovescio, la prora di una nave da guerra).
Le navi impiegate per le guerre Daciche hanno una buona visibilità sulla colonna Traiana. Le operazioni in Dacia iniziano con i ponti di navi per attraversare il Danubio: si sente dire troppo spesso "ponte di barche", ma non sono semplici barche, come risulta chiaro dalle due diverse scene, con gli scafi visti di poppa e di prora: si tratta evidentemente di navi da carico dello stesso tipo di quella rappresentata nella scena con imbarco di botti di vino. A questo proposito, non bisogna lasciarsi ingannare dalle proporzioni fra gli scafi e gli uomini, perché nell'iconografia romana le figure umane vengono sempre sovradimensionate; che si tratti di una grande nave e non di una barca lo si vede dalla presenza del cassero a poppa, le cui grandi dimensioni sono in proporzione con la sua battagliola a transenna. Un'altra unità da trasporto, di tipo diverso, viene rappresentata in una scena di carico di materiali necessari alla logistica, mentre un'ulteriore nave viene mostrata con un carico di cavalli.
Due scene mostrano degli sbarchi navali: uno da una oneraria, di cui si vede la poppa e l'albero con le vele serrate (si tratta evidentemente di uno sbarco su di una costa marittima) e l'altro da una unità da guerra, di cui viene mostrata l'imponente prora rostrata.
Altre due scene evocano delle navigazioni delle forze navali: la prima, con tre navi da guerra (quella centrale è l'ammiraglia - o nave pretoria - con Traiano), rappresenta la traversata dell'Adriatico, verosimilmente da Ravenna verso la Dalmazia, all'inizio della seconda guerra Dacica, mentre la seconda scena mostra il risolutivo intervento tattico delle navi sul Danubio (con Traiano a timone) per respingere prontamente un improvviso attacco nemico e concorrere in modo determinante all'importante vittoria che venne poi celebrata con l'erezione del grandioso Trofeo di Traiano.
Alcune altre navi sono rappresentate affiancate alla riva del Danubio in due località in cui è presente l'imperatore. Osservandone gli scafi, si vede che, mentre una ha due file di remi sovrapposti, l'altra ne mostra tre: alle operazioni sul fiume non hanno quindi partecipato solo le liburne (sempre presenti nelle flotte imperiali fluviali, come la Pannonica e la Mesica), ma anche qualche unità di maggior potenza, perlomeno del tipo trireme.
Tutte le predette considerazioni lasciano comprendere quanto complessa sia stata la gestione delle flotte impiegate nell'ambito delle guerre Daciche per fornire il necessario concorso navale tattico e logistico. L'efficacia di tale contributo è confermato non solo dalla spiccata visibilità data alle navi sulla colonna Traiana, ma anche dalla decisione dell'imperatore di premiare i suoi principali collaboratori - Lucio Licinio Sura (braccio destro del principe) e Quinto Glizio Attilio Agricola (governatore della Pannonia) - con varie onorificenze, inclusa la "corona classica", riservata a chi aveva conseguito insigni risultati nel campo prettamente navale.
Nello stesso periodo Traiano diede ordine al governatore della Siria di annettere l'Arabia Petrea all'impero romano.
Tale provvedimento, che assicurava a Roma il controllo di tutte le rotte commerciali dal Mediterraneo all'oceano Indiano, venne seguito da altri due provvedimenti a favore del predetto traffico navale: la realizzazione di una nuova strada per collegare i porti del golfo di Aqaba all'entroterra fino alla Siria e l'istituzione di una nuova flotta imperiale nel Mar Rosso.
In realtà una flotta in questo mare era già stata creata da Augusto poco dopo l'annessione dell'Egitto, ma il provvedimento di Traiano fu evidentemente inteso a conferire un più accentuato vigore ed una maggiore operatività a quella forza navale, a beneficio della sicurezza dei mercantili che commerciavano con l'India.
Successivamente Traiano condusse la guerra contro i Parti. Le forze navali furono coinvolte fin dall'inizio per portare in Siria tutte le risorse necessarie, a livello tattico e logistico. Questo impegno - equivalente alle odierne Expeditionary Operations (considerate fra le più impegnative per le Marine maggiori) era assicurato principalmente dalla Flotta Pretoria Misenense, con qualche contributo della Flotta Augusta Alessandrina, come testimoniato dalle lettere del giovane classiario Claudio Terenziano imbarcato sulla liburna Nettuno.
Nelle operazioni sul terreno, il maggior contributo navale dovrebbe essere stato fornito dalla flotta sull'Eufrate, visto che questo fiume costituisce la più semplice via di penetrazione dalla Siria verso la Mesopotamia. Sappiamo anche che molte altre navi vennero allestite nell'area di Nisibi ed utilizzate per varcare il Tigri ed invadere l'Adiabene. La forze navali romane passarono poi tutte sul Tigri fino a Ctesifonte, la capitale dei Parti.
Sconfitto il nemico, lo stesso Traiano si imbarcò sulla maggiore di quelle navi e con una flotta di cinquanta unità procedette lungo il fiume fino alla foce. Approdato all'isola di Mesene, il cui re Atambilo si sottomise prontamente, garantendo ai Romani un eccellente punto di controllo sui traffici navali verso l'Oriente. Entrò quindi nel Golfo Persico, ove, superata una violenta burrasca, condusse una navigazione esplorativa, trovandosi ormai in condizione di raggiungere l'India, ma lamentandosi di non avere né l'età, né sufficiente tempo, per emulare le imprese di Alessandro Magno. Richiamato mentre si trovava in alto mare dalla notizia di ribellioni nelle regioni conquistate, navigò nuovamente verso Ctesifonte, ove impose ai Parti il filoromano re Partamaspate.
La politica di Traiano nel campo delle opere pubbliche fu sempre improntata ad una visione alta e lungimirante. Anche nello specifico settore delle opere marittime, la razionalità, la grandiosità e la bellezza delle realizzazioni maggiori sono talmente note da rendere qui superflua una illustrazione particolareggiata. Mi limiterò pertanto ad una sommaria rassegna delle innovazioni più importanti e significative per i porti ed i canali navigabili.
Iniziamo dunque dal porto marittimo di Roma, il Portus Augustus (o semplicemente Portus), che, costruito da Claudio ed inaugurato da Nerone, venne completato da Traiano con lo scavo dell'ampio e mirabile bacino esagonale, divenendo in tal modo il più grande e ricettivo porto artificiale dell'antichità classica, nonché il punto d'arrivo privilegiato di tutte le rotte marittime votate all'approvvigionamento di Roma.
Lo stesso principe volle altresì costruire ex novo il porto di Centumcellae, odierna Civitavecchia, replicando concettualmente, sia pure in scala ridotta, il modello del Portus Augustus, basato su di un ampio bacino esterno protetto da una diga foranea ed un più piccolo bacino interno (l'attuale "Darsena romana") perfettamente riparato in qualsiasi situazione meteomarina. Si trattava peraltro del modello già da tempo sperimentato con il Portus Iulius e con la base navale di Miseno, entrambi realizzati sotto gli auspici di Marco Agrippa sfruttando le caratteristiche morfologiche della zona flegrea.
Un ulteriore impegno dell'Optimus Princeps per il potenziamento della portualità marittima fu a favore di Ancona, com'è stato illustrato sull'iscrizione del locale Arco onorario dedicato « all'imperatore Traiano, ... vincitore dei Daci, ... perché restituì ai naviganti l'ingresso d'Italia più sicuro, avendo ampliato anche questo porto con il suo denaro. »
In previsione dell'aumento del traffico marittimo assorbito dal Portus Augustus e del conseguente incremento dell'afflusso di merci a Roma, Traiano provvide anche al totale rifacimento delle banchine del porto fluviale dell'Urbe, che si estendeva lungo le sponde del Tevere a valle dell'isola Tiberina, non solo fino alla zona dell'Emporium, ma anche molto oltre (quasi fino all'altezza dell'odierno EUR). E' quanto risulta ora dall'archeologia, poiché tutti i tratti di banchina che sono stati finora rinvenuti e che è stato possibile indagare presentano le caratteristiche tipiche dell'architettura dell'epoca traianea.
Fra i numerosi canali navigabili realizzati dai Romani, quelli attribuiti a Traiano hanno tutti avuto una spiccata rilevanza, ad iniziare dalla Fossa Traiana più vicina a noi: il canale scavato per congiungere il Portus Augustus al Tevere - e quindi a Roma - divenendo il ramo settentrionale del delta del fiume.
Un altro canale noto come Fossa Traiana o Amnis Traiani fu quello che, partendo dal vertice del delta del Nilo andava a sfociare nel mar Rosso dopo aver attraversato i laghi Amari. Esso era stato scavato a più riprese a partire dall'epoca dei Faraoni fino al regno di Tolomeo II, ed era ancora parzialmente percorribile all'epoca di Augusto, secondo quanto riferì Strabone. Negli anni successivi non fu più idoneo per la navigazione, ma servì forse solo per l'irrigazione. Traiano lo fece scavare ex novo, assicurandone anche la protezione e la manutenzione, tanto che l'opera risultò ancora utilizzabile fino agli anni della decadenza bizantina.
Il terzo importante canale di cui si è occupato Traiano è stato quello che era stato anticamente scavato dagli Assiri per mettere in comunicazione l'Eufrate con il Tigri nel punto in cui i due fiumi si avvicinano di più, a monte di Ctesifonte e Babilonia. Poiché questa opera, chiamata Naarmalcha (fiume dei re o Canale Regio), era divenuta inservibile, l'imperatore fece scavare un nuovo canale che venne successivamente utilizzato da Settimio Severo e da Giuliano nelle loro guerre contro i Parti e contro i Persiani.
Va infine ricordato anche un progetto di canale che Plinio il Giovane, quando era governatore della Bitinia, volle portare all'attenzione dell'imperatore. Egli intendeva infatti mettere in collegamento con il mare il lago che bagnava la città di Nicomedia. Traiano valutò interessante quella proposta e promise l'invio di un suo tecnico per effettuare le misurazioni preliminari.
Gli impegni affidati alle flotte imperiali navali durante il principato di Traiano dimostrano sia una consolidata maturità del Romani nel gestire il proprio esteso ed articolato dispositivo navale, sia una sicura abilità dello stesso imperatore nello sfruttare in modo ottimale le capacità del naviglio disponibile. Allo stesso modo, la cura generale delle opere marittime e tutte le azioni intraprese per il potenziamento del sistema portuale e dei canali navigabili denotano una lucida percezione delle esigenze prioritarie della navigazione, sia ai fini militari che per il traffico commerciale, oltre ad una perspicace individuazione delle soluzioni più rispondenti, messe in atto per volontà di Traiano con rimarchevole competenza e senza risparmio di risorse.
Ma non basta. Se una gran parte delle predette azioni è stata evidentemente finalizzata al conseguimento dei migliori risultati possibili nelle operazioni belliche, il complesso di tutte le altre iniziative imperiali nel campo navale e marittimo delinea un ben preciso orientamento geostrategico. Mi riferisco, in particolare, alla serie di provvedimenti di cui abbiamo già parlato e che fra poco riepilogherò, aggiungendovi anche il seguente elemento di novità recentemente acquisito dall'archeologia: due iscrizioni romane scoperte nei primi anni del terzo millennio su di un isola dell'arcipelago Farasan, nella parte meridionale del Mar Rosso, mostrano che in quel sito vi fu, fin dall'epoca traianea, un "Ferresani portus" protetto da un contingente militare romano. E' peraltro evidente che la sola presenza di tali distaccamenti delle legioni, ad enorme distanza dal porto più meridionale dell'impero (Berenice), richiedeva un costante sostegno da parte della flotta imperiale Arabica (quella del Mar Rosso), che pertanto dovette dislocare stabilmente delle proprie unità nel "Ferresani portus". Anzi, sarebbe anzi più logico dedurne che la decisione di schierare colà un reparto navale abbia preceduto quella di inviare un contingente di legionari a protezione del porto e delle navi, e non viceversa.
Allora, se mettiamo insieme l'annessione dell'Arabia Petrea, il collegamento dei relativi porti con il retroterra fino in Siria, il collegamento del Mediterraneo con il Mar Rosso attraverso l'Amnis Traiani, la costituzione (o il potenziamento) della flotta Arabica, la sorprendente decisione imperiale di stabilire un presidio militare e navale romano verso l'estremità meridionale del predetto mare in modo da controllarne il traffico in entrata ed uscita, l'attenzione posta dallo stesso imperatore verso il golfo Persico e la sua cura nel garantire a Roma l'amicizia del re Atambilo, anch'esso in posizione ottimale per il controllo della sicurezza del traffico marittimo verso l'oceano Indiano, tutto ciò indica piuttosto chiaramente la volontà di Traiano di conferire un formidabile impulso agli scambi commerciali romani con l'India ed al prolungamento delle rotte mercantili romane in direzione dell'estremo Oriente. Poiché vari indizi confermano la reale efficacia di tale impulso, possiamo concludere molto semplicemente riconoscendo che anche nel campo della strategia navale e marittima, il valore dell'Optimus Princeps merita di essere studiato.
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