Catalogo della Mostra
La Conquista dei Mari – Galeoni, Pirati, Tesori
organizzata dalla Kaleidos Group
(Roma, 5 ottobre - 15 dicembre 2002)

IMPERIVM MARIS

Il dominio del mare di Roma antica


di DOMENICO CARRO

Nella storia della "conquista dei mari" vi è un capitolo romano di singolarissimo pregio, sia per la straordinaria influenza che ebbe sulla formazione e sulla diffusione della nostra civiltà occidentale, sia perché configurò un modello di dominio del mare che nessuno fu più in grado di riprodurre e che appare tuttora assai prossimo al sogno utopico.

Quando Pompeo Magno rientrò in Italia al termine della sua vittoriosa guerra navale contro i pirati e della susseguente campagna militare contro Mitridate e nel medio oriente, il Senato di Roma gli decretò il trionfo. Fra le motivazioni ufficiali di tale celebrazione, venne specificato, come ci ha tramandato Plinio il Vecchio, che Pompeo aveva "restituito al popolo romano il dominio del mare ["imperium maris"]".

Si parlò allora, a giusto titolo, di restituzione; i Romani, infatti, quel dominio del mare lo avevano già acquisito un po’ per volta, nel corso di molti secoli, fin da quando le loro prime navi erano coraggiosamente uscite dalla foce del Tevere per rifornire di viveri la loro città, oppressa dalle ostilità degli Etruschi, poi dei Latini e delle altre popolazioni confinanti. Con l’accrescersi della propria potenza, essi avevano iniziato ad affermare più risolutamente le proprie esigenze marittime catturando la flotta degli Anziati, che insidiavano i loro traffici navali da Ostia, e sconfiggendo i Tarantini, che volevano impedir loro la navigazione nel golfo di Taranto. Quindi, consolidata la propria egemonia sulla Penisola italiana, essi si erano trovati a fronteggiare per mare le flotte di Cartagine, la maggiore ed incontrastata potenza navale del Mediterraneo. Fu allora che, al termine di un durissimo confronto sul piano prettamente navale, i Romani erano riusciti a strappare ai Cartaginesi il dominio del mare. Essi avevano così potuto avviare, con le proprie flotte, una progressiva espansione sul mare ed oltremare, prima sulle isole più vicine, poi sulle coste della Spagna, della Dalmazia e della Grecia, passando poi in Asia minore ed in Africa, fino ad acquisire il controllo di tutto il Mediterraneo e del mar Nero. Ciò era ovviamente avvenuto a prezzo di impegnative battaglie navali contro le esperte potenze navali del Mediterraneo orientale, e di reiterate operazioni navali contro i pirati, di cui quella condotta da Pompeo Magno fu di gran lunga la più ampia, la più brillante e la più efficace, tanto che venne reputata risolutiva.

Sette anni dopo il trionfo di Pompeo, Giulio Cesare affermava il dominio di Roma anche sulle acque dell’Oceano, avendovi sconfitto in battaglia navale la poderosa flotta della coalizione marittima armoricana guidata dai Veneti, ed avendo varcato il mare per sbarcare in forze in Britannia. Seguì poi la triste parentesi delle guerre civili, cui posero fine le vittorie navali riportate da Ottaviano e Marco Agrippa: in Sicilia, contro le flotte piratesche di Sesto Pompeo, e ad Azio, contro l’estesa forza navale egiziana ed ellenica che Cleopatra ed Antonio stavano muovendo contro l’Italia.

Avendo il tal modo acquisito il dominio assoluto dell’intero Mediterraneo, Ottaviano Augusto poté instaurare la pace su tutti i mari ed i territori dell’Impero, inteso come un corpo unico costituito dall’insieme delle varie province e dei regni tributari, e posto sotto l’autorità del principe. Con l’avvento di Augusto, pertanto, si concluse la "conquista dei mari" da parte romana, perlomeno sotto l’aspetto militare e politico. I Romani continuarono peraltro ad espandere ulteriormente la propria area d’influenza marittima, mediante traffici commerciali ed esplorazioni navali: nel mare del Nord, verso le isole a nord della Britannia e verso il Baltico, e nel mar Rosso, in direzione dell’Africa equatoriale, dell’India e dell’estremo oriente.

Fu tuttavia all’interno che il nuovo assetto augusteo introdusse la novità più significativa relativamente al regime dei mari. Il Mediterraneo era infatti divenuto un immenso lago interno, soggetto in tutto e per tutto al domino ed alla legge di un solo Stato. Tale situazione, verificatasi allora per la prima ed unica volta in tutta la storia, forniva ai Romani la piena facoltà legale di assoggettare l’uso del mare al loro proprio arbitrio, e di assicurare il rispetto di tale disciplina attraverso l’impiego delle proprie flotte da guerra in operazioni di sorveglianza e di polizia marittima. Ed è proprio quello che essi fecero, per oltre quattro secoli, vigilando accuratamente sui mari e sulla sicurezza della navigazione. Ma lo fecero senza alcun arbitrio, poiché si impose fin dall’inizio il loro connaturato senso dell’equità nell’applicare il principi naturali che erano alla base delle proprie leggi. Nel campo marittimo, in particolare, i giureconsulti romani avevano sempre sostenuto che il mare rientrasse fra i beni di proprietà comune di tutto il genere umano. Pertanto, nel convincimento che il mare e le sue coste dovessero permanere di uso comune, vennero tutelate sia la libertà di navigazione che la libertà di sfruttamento delle risorse marine, mediante la pesca, i vivai costieri, le saline, e così via. La legge previde anche la tutela dei porti e vari incentivi per gli armatori navali, mentre ampie risorse finanziarie e le migliori capacità ingegneristiche romane venivano impegnate per il potenziamento dei cantieri navali e per la costruzione di grandiose opere marittime.

In definitiva, i Romani si avvalsero del loro dominio del mare per far sì che tutte le acque che bagnavano le coste dell’Impero costituissero non solo l’ambiente per lo sviluppo ottimale di ogni attività marittima lecita ed apportatrice di benessere, ma anche la sede della fittissima rete di comunicazioni attraverso la quale le varie popolazioni dell’Impero si mantenevano in contatto con Roma. Si trattava quindi del principale tessuto connettivo dello stesso Impero, visto che questo si estendeva, per lo più, lungo le coste del grande mare interno. Si trattava inoltre delle principali linee di rifornimento dell’Urbe, poiché ogni provincia inviava i propri migliori prodotti verso il grande porto di Roma. Si trattava infine del principale canale attraverso il quale si stabiliva quello scambio di usi e costumi che consentiva a Roma non solo di "romanizzare" le province d’oltremare, estendendovi altresì i benefici della cittadinanza romana, ma anche di arricchire le proprie concezioni con l’apporto delle conoscenze altrui, in un mirabile ed irripetibile processo di reciproca integrazione esente da discriminazioni.

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