Rivista Marinai d’Italia - Anno LIV, numero 3 - Marzo 2010, pp. 16-19

Marco Agrippa, l’Ammiraglio

I meriti navali del maggiore artefice
della “Roma di marmo” di Augusto


di DOMENICO CARRO

«Agrippa? Ah, si … Menenio Agrippa, quello dell’apologo!». È la replica più comune, quando si accenna ad Agrippa, visto che il nome di quell’antichissimo personaggio consolare, inventore di un felice apologo, ha la singolare capacità di riaffiorare spontaneamente dalle nebbiose reminiscenze scolastiche. In alternativa, può giungere un «Chi? Erode Agrippa?» da qualcuno che rammenta questa arbitraria denominazione del sovrano giudaico romanizzato Marco Giulio Agrippa. Solo da pochi viene invece ricordato il maggiore Agrippa della storia, cioè Marco Vipsanio Agrippa.
A tal proposito va detto che l’affievolimento del suo ricordo deriva in buona parte dalla sua virtù, visto che egli seppe mantenersi sempre discreto e pacato, subordinando lealmente l’ambizione alla propria volontà di alimentare con i suoi successi la gloria ed il prestigio del suo fraterno amico d’infanzia, il giovane Cesare Ottaviano, di cui sostenne vigorosamente l’ascesa ed il successivo ruolo di Augusto, fondatore dell’Impero e primo imperatore di Roma.


I "Monumenta Agrippae" nell'area del Campo Marzio,
sovrapposti alla Forma Urbis di Rodolfo Lanciani.

D’altra parte, nel più ristretto ambito degli studiosi e degli appassionati dell’antica Roma il nome di Marco Agrippa risulta comunque ben noto, soprattutto per merito dell’enorme complesso di opere architettoniche (i monumenta Agrippae) che egli eresse a proprie spese per abbellire e rendere confortevole la Città Eterna, contribuendo più di ogni altro alla trasformazione augustea della vecchia “Roma di mattoni” nell’"Urbem marmoream", la città di marmo. Basti pensare al Pantheon ed a tutte le altre splendide opere pubbliche realizzate sulle sue proprietà nel Campo Marzio, oltre al nuovo ponte sul Tevere (Pons Agrippae), al nuovo centro commerciale ai piedi del Palatino (Horrea Agrippiana), alle migliorie apportate al Circo Massimo, al potenziamento della rete di acquedotti (ripristino dell'Acqua Marcia, e costruzione degli acquedotti dell’Acqua Vergine e dell'Acqua Giulia) ed impianti ad essi collegati: 700 bacini d’acqua, 500 fontane e 130 serbatoi, ornati da 300 statue e 400 colonne di marmo, secondo l’inventario di Plinio il Vecchio.

È inoltre risaputo che, nelle sue attività di "architetto" ed edificatore di ampie parti della Roma di Augusto, Marco Agrippa si illustrò per le sue vedute lungimiranti, per la ricerca di soluzioni tecniche audaci ed innovative, nonché per la sua generosità e per la preoccupazione di operare a beneficio del popolo romano. Su quest’ultimo punto risulta emblematico il memorabile discorso in cui egli sostenne la necessità di rendere di proprietà pubblica tutti i quadri e le statue, anziché lasciare che i capolavori venissero rinchiusi nelle ville private. Le stesse qualità, la stessa indole e la stessa mentalità si ritrovano sia nell’Agrippa "politico" che nell’Agrippa "ammiraglio", cioè nel ruolo che egli rivestì negli anni in cui Ottaviano gli attribuì la piena responsabilità delle operazioni marittime.

Tale funzione iniziò nel bel mezzo della Guerra Sicula, quando Ottaviano si trovava nella pressante necessità di ...
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