La Repubblica



Ful lum      

Dopo la morte di Cesare, non avete pensato a tornare alla buona vecchia Repubblica?
Si dice che Voi siate il primo vero Imperatore Romano: che pensate del fatto che siete in qualche modo l'istigatore della monarchia che porterà al declino dell'Impero?



Augusto      

L'Imperatore Cesare Augusto a Marco Fullum (?), salve.

Spero di aver ben interpretato il tuo prenome e tuo nome ("Fullo" potrebbe essere stato uno dei tuoi antenati che faceva il lavandaio), che ho dedotto dal tuo indirizzo poiché hai dimenticato di firmare il tuo messaggio.

Mi poni una domanda che non riguarda solo la mia epoca, ma anche un gran numero di secoli dopo il termine delle mia vita umana. Ti risponderò dunque citando qualche dato che ho potuto trarre dai testi di storia ricevuti dai prefetti del Dialogus, e tenuto conto, naturalmente, delle percezioni che ho avuto io stesso da quando sono stato ammesso fra gli Dei immortali.

Dopo la morte di mio padre, il divo Giulio Cesare, quella che tu chiami "la buona vecchia Repubblica" corrispondeva di fatto ad una situazione d'anarchia la più totale, nella quale i membri delle più potenti famiglie patrizie, con la complicità di quasi tutta la classe senatoria (ivi incluso il vecchio e spocchioso Cicerone), reclamavano la libertà di fare tutto ciò che aggradava loro, nel loro proprio interesse esclusivo, senza alcun controllo e senza alcuna preoccupazione dei voleri del popolo Romano, né tantomeno del benessere delle popolazioni delle province.
È per difendere questa libertà fraudolenta, per continuare ad aver le mani libere d'opprimere e sfruttare gli altri al fine di arricchirsi ed incrementare il loro potere, che i senatori avevano assassinato mio padre in pieno Senato, senza che nessuno di essi avesse nemmeno fatto finta di provare ad opporsi. Essi vollero far credere al popolo che avevano dovuto sopprimere il dittatore per liberare Roma dalla sua tirannia. Ma il popolo Romano non si lasciò imbrogliare: tutti sapevano bene che il dittatore non aveva ricevuto che dei poteri che gli stessi senatori gli avevano offerto qualche mese prima. E non si trattava nemmeno di tutti i poteri che il Senato aveva voluto attribuirgli, poiché egli non ne aveva accettato che una piccola parte, ritenendo tutti gli altri eccessivi. Il popolo, dunque, si sollevò contro i parricidi, che furono così costretti a prendere la fuga ed a rifugiarsi sul Campidoglio.
Avrei dunque dovuto rimettere la Repubblica nelle mani di quei criminali irresponsabili? Ciò non corrispondeva certamente ai voleri del popolo Romano, né all'interesse delle popolazioni delle province.

A questo proposito, vi è un aspetto piuttosto importante che non compare mai nei vostri libri di storia. È piuttosto evidente che durante il lungo periodo di disordini civili che si sono susseguiti a Roma dall'epoca dei due Gracchi, un numero sempre crescente di governatori romani delle province ha approfittato del suo potere per sottrarre alle popolazioni soggette molte più risorse di quanto sarebbe stato giudicato equo secondo le leggi romane. Si iniziava dunque a considerare sempre più che le province di Roma non erano altro che dei territori da sfruttare. Ma tutto ciò non corrispondeva affatto all'indole dei Romani, poiché tutta la storia romana, ad iniziare da Romolo, è la storia di un popolo che ha voluto associare a sé stesso i popoli ch'egli vinceva, e voleva condividere con essi le sue leggi, i suoi costumi e la sua propria fortuna.
D'altra parte, per amministrare correttamente un Impero così vasto, le vecchie istituzioni non erano più sufficienti. Occorreva necessariamente mettere a punto un sistema più rispondente a questo compito titanico. È quello che ho fatto istituendo il "principato", cioè il sistema in cui il principe (o l'Imperatore, come preferite dire ai vostri giorni) è il sovrano di tutte le popolazioni dell'Impero, di cui egli controlla direttamente le province più difficili da amministrare, lasciando al Senato la cura di governare le altre.

Ecco il vero cambiamento che si è prodotto. Non si è trattato, come sembri credere, del semplice abbandono della "buona vecchia Repubblica" a favore della "monarchia". Con me la Repubblica ha conservato tutte le sue istituzioni tradizionali, che non ho in alcun modo abrogato, e si è nel contempo arricchita di alcune nuove magistrature che le hanno consentito di far fronte a tutte le esigenze dell'Impero. Inoltre, questo Impero non è più stato visto come l'insieme delle province suddite della Città conquistatrice, ma come l'insieme delle popolazioni amministrate dalle stesse leggi e sotto la responsabilità dello stesso principe. In questa nuova situazione, ogni individuo sapeva ch'egli era un membro di questa grande comunità multietnica che viveva in pace e comprendeva la maggior parte del monde civile. È questo l'Impero che ho fondato con l'instaurazione della mia pace e del mio "principato"; e questo stesso Impero ha potuto così durare durante cinque secoli in Occidente, molti più secoli in Oriente, ed ancora più secoli nelle sue diverse repliche ed imitazioni europee.

Ora tu mi sembri scontento perché il cambiamento che ho introdotto, cioè la vera e propria fondazione dell'Impero Romano, avrebbe in qualche modo innescato un processo "che porterà al declino dell'Impero". Ebbene vi è qui una regola inflessibile della Natura: tutto ciò che nasce inizia, fin dai primi giorni, a morire un po' per volta. Ma non si rimprovera ad una madre che mette al mondo suo figlio d'essere responsabile d'aver innescato, dandogli la vita, il processo che porterà questa creatura alla morte!

Vale,

IMP. CÆS. AVG.


quebec

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