Matrone



Florence      

O divino Imperatore,

ti prego umilmente di scusare l'audacia con la quale mi accingo a porti una domanda su di un fatto minore. So che nel 215 a.C., le donne romane hanno bloccato gli ingressi del Foro. Ma non riesco a ritrovare il motivo di una tale azione. Non vedo che te per illuminarmi su questo punto della storia, e ti presento anticipatamente i miei ringraziamenti molto sinceri.

Vale,

Florence



Augusto      

L'Imperatore Cesare Augusto a Florence, salve.

Mi dicono che il tuo strano "215 a.C." corrisponde all'anno DXXXIX dalla fondazione di Roma. Ora gli annali di quell'anno non hanno registrato alcuna anomalia nella zona del Foro, salvo il passaggio d'uno sciame d'api, che venne considerato un prodigio e diede luogo a dei sacrifici espiatori.

Peraltro, vi era stato nell'anno precedente un evento che potrebbe somigliare a quello di cui parli. Lo si trova in effetti negli annali, subito dopo l'arrivo a Roma delle prime notizie sul disastro di Canne. Non era ancora chiaro cosa fosse accaduto, ma le informazioni parziali che erano pervenute lasciavano immaginare che la situazione fosse ancor più grave di quanto non lo fosse realmente. Si supponeva infatti che entrambi i consoli Romani fossero morti e che tutte le legioni consolari fossero perdute, mentre un gran numero di soldati in fuga si era radunata con il console Varrone a Canosa, laddove s'era ricostituita una parvenza di esercito consolare.
Non sapendo che vi fossero ancora quei sopravvissuti, tutta la popolazione di Roma era in preda alla disperazione. Ciascuno supponeva d'aver perso i propri parenti che erano partiti in guerra contro Annibale, e si temeva anche che costui avrebbe molto presto provato ad impadronirsi della Città. Tutte le matrone romane s'erano dunque riversate nelle vie e si affrettavano verso i Foro per sentire le notizie più recenti sui loro congiunti e sulla sorte che le attendeva.
In tale situazione, il Senato stabilì d'inviare immediatamente degli uomini verso sud, per verificare quale fosse la consistenza e lo stato delle eventuali forze romane che gli Dei avevano salvato dal disastro. Nel contempo, i senatori stessi dovevano adoprarsi a ristabilire la calma, allontanando le matrone dalle vie e costringendole a rientrare nelle rispettive case ed a restarvi. Dopo aver così imposto l'ordine ed il silenzio in tutta la Città, essi si riunirono ancora una volta per decidere le misure militari che occorreva intraprendere con urgenza, per restituire alla Repubblica la capacità di difendersi contro il nemico.

Ecco cosa accadde nella Città Eterna, durante quei giorni così critici dell'anno DXXXVIII ab Urbe condita.

Vale,

IMP. CÆS. AVG.



Florence      

Divino Augusto,

la benevolenza con la quale di sei dato la pena di rispondere alla mia domanda m'incoraggia a portene un'altra.
Mi hanno assicurato che Marco Tullio Cicerone, che non ha saputo unire alle sue qualità di oratore né il buon senso né la fedeltà politica - altrimenti ti avrebbe seguito -, afferma, in uno dei suoi numerosi discorsi, che un senatore sarebbe stato espulso dal Senato per aver abbracciato sua moglie in pubblico. So che il tuo popolo era molto suscettibile sulla buona creanza, ma un atteggiamento tanto intransigente mi stupisce. Fu realmente così? E chi era quel senatore?
Ti ringrazio ancora del tuo aiuto, ottimo, grandissimo e piissimo Imperatore, e mi prosterno ai tuoi piedi, assicurandoti di non essere che la tu umilissima serva,

Florence



Augusto      

L'Imperatore Cesare Augusto a Florence, salve.

Non avendo letto che pochissimi discorsi del vecchio Marco Cicerone (preferivo lo stile più limpido di Quinto Ortensio Ortalo), questo aneddoto non mi dice niente.
Vorresti conoscere egualmente la mia opinione?
Ebbene, la vista d'una donna abbracciata da un senatore in pubblico mi scandalizzerebbe molto meno di quella di chiunque si volesse prosternare ai miei piedi.

Vale,

IMP. CÆS. AVG.


quebec

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