In terza persona



Christophe      

Salute a te Imperatore!

Ho una piccola domanda che mi rode da tempo, e cioè da quando ho fatto 10 anni di latino... Perché nelle tue numerose opere, soprattutto nel "Bellum Gallicum", non usi altro che la 3^ persona, mentre si tratta in effetti di te?

Christophe



Augusto      

L'Imperatore Cesare Augusto a Christophe, salve.

Hai evidentemente fatto una piccola confusione fra me e mio padre, il divo Giulio Cesare, e ciò mi ha profondamente commosso.

È d'altronde una confusione abbastanza giustificata dall'omonimia che si è creata dopo l'adozione. In effetti, alla mia nascita mi avevano chiamato Gaio Ottavio, come mio padre naturale. A diciannove anni, dopo l'adozione da parte di Giulio Cesare, la legge romana mi ha attribuito esattamente i tre nomi di mio padre adottivo, cioè Gaio Giulio Cesare. Ma, per me, questi tre nomi erano seguiti, secondo i costumi romani, da un quarto nome che richiamava la mia famiglia d'origine: quest'ultimo nome era "Ottaviano", che voleva dire che provenivo dalla gente Ottavia prima d'esser accolto nella gente Giulia.
Ecco perché mi chiamavano normalmente Cesare, o talvolta Cesare Ottaviano, prima che il Senato mi attribuisse i due titoli di Imperatore e di Augusto, il primo come prenome ed il secondo come soprannome.

Veniamo dunque alla tua domanda. Perché mio padre ha scritto i suoi "Commentari" (De Bello Gallico, De Bello Civili, eccetera) utilizzando la terza persona?
Me l'ha spiegato molto brevemente quando si preoccupava della mia istruzione. Egli voleva lasciare una testimonianza obiettiva di quanto era accaduto nel corso delle sue campagne, descrivendone tutti i principali eventi reali, come dei fatti concreti e verificabili, ed aggiungendovi solo le ragioni tecniche delle sue scelte. Ciò doveva avere un'utilità per tutti coloro che avessero voluto analizzare quegli eventi sul piano tattico, strategico e politico, e trarne degli insegnamenti per l'avvenire. Non vi era dunque alcun posto per i suoi sentimenti personali e le sue proprie emozioni nei confronti di ciò che accadeva.
È per tale motivo che ha scelto di raccontare la storia delle sue campagne con uno stile formalmente impersonale. Capiva bene che un eccesso di "io" e di "me" avrebbe annoiato il lettore e gli avrebbe fatto dubitare dell'obiettività del racconto. Ma l'uso della terza persona lo aiutava anche a mantenere un atteggiamento sufficientemente distaccato quando dettava il testo dei "Commentari", nella sua tenda, durante la sue lunghe notti di veglia e di lavoro.

Personalmente non ho avuto bisogno di seguire il suo esempio, perché non mi sono mai impegnato in un lavoro di quel genere, che solo il genio politico e militare di mio padre poteva concepire e realizzare come un autentico capolavoro, di enorme valore letterario e storico. Per contro, ho scritto molte opere di genere diverso, e fra queste una grande autobiografia, che è stata molto letta nel mondo romano, ma il cui testo non vi è pervenuto. Mi hanno detto che non ne avete che pochi frammenti, oltre al brevissimo riassunto delle mie azioni ("Res gestae") che è stato diffuso in tutto l'Impero. In quest'ultimo testo, così come nella mia autobiografia, ho sempre usato la prima persona, secondo l'abitudine di tutti i Romani che hanno scritto le proprie memorie.

Vale,

IMP. CÆS. AVG.


quebec

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